In molti, negli ultimi tempi, in Parlamento e fuori, si sono accorti che la riforma costituzionale che si sta per votare alla Camera è un pasticcio clamoroso e contiene parecchi elementi incongruenti e pericolosi per il bilanciamento dei poteri e delle funzioni.

Il problema è che tutti lo dicono sotto voce, quasi fosse un’eresia o, forse, una bestemmia.

Mi piacerebbe che ci fosse un sussulto di dignità da parte di costituzionalisti, associazioni, studiosi e semplici cittadini (che sono sovrani, o dovrebbero esserlo, anche in questa discussione). Non c’è bisogno di fare i girotondi, diciamo così, ma è sconvolgente non sentire nulla (di nulla) da parte di chi si è sempre mobilitato e indignato, battendosi perché le istituzioni fossero rispettate.

Un Senato che non viene abolito, ma mortificato, che continua a occuparsi di cose importantissime (come la riforma costituzionale) e però non viene eletto se non dai politici. Uno schema che – dopo l’ubriacatura del federalismo all’amatriciana – riporta tutto a Roma, come se non fossero le stesse persone – protagoniste della riforma del Titolo V del 2001 – ad aver partecipato anche alla riforma del Titolo V del 2015. Un combinato con l’Italicum che sbaraglia tutto quanto, le opposizioni soprattutto, nella convinzione che si debba vincere e comandare. E basta. Chi perde, è perduto. Un antiparlamentarismo nemmeno tanto strisciante che si fa norma e manifesto politico e, ahinoi, costituzionale, per far virare il sistema, senza nemmeno dichiararlo, verso un’altra forma di governo che, come ha ricordato recentemente Walter Tocci, prende in prestito da presidenzialismo e premierato alcuni aspetti (il decisionismo!), senza considerare il necessario bilanciamento (in termini di garanzie e controllo) che quei due sistemi richiedono.

Ora, vorrei capire se in giro c’è qualcun altro che intenda dire qualcosa, oltre alle minoranze parlamentari. Precipitare tutto verso il referendum è già una sconfitta: perché le riforme siamo invitati a farle con il massimo consenso trasversale dei parlamentari (che non c’è mai stato, nonostante patti e contropatti): proprio perché la logica della Costituzione non è plebiscitaria.

Invece di prepararsi al referendum, prepariamoci a una riforma costituzionale migliore di quella che è in discussione e votazione. Sempre che ci sia ancora qualcuno che pensi che sia importante. Perché lo è.

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