Simona Guerra commenta il voto di ieri:

Nel dicembre 2013 Demos ha pubblicato un rapporto sull’atteggiamento degli italiani e le istituzioni e la politica, che sottolineava la bassa fiducia nei partiti politici, ultimi con un misero 5.1% fra le istituzioni elencate, mentre la fiducia nei confronti delle istituzioni politiche mostrava un crollo inesorabile e regolare a partire dal 2005.

La bassa affluenza alle elezioni regionali in Emilia Romagna e Calabria viene analizzata come inattesa, ma di certo una affluenza così bassa (37,7%) in Emilia Romagna, la regione roccaforte del PD, dovrebbe portare ad una riflessione più ampia rispetto all’analisi dei risultati elettorali.

Nel 2014 lo scenario politico è certamente cambiato, e come recentemente commentato da Marco Revelli, con un cambiamento della politica, sia in sostanza sia a livello simbolico, con un populismo inedito, che prende i colori del suo ambiente – di governo e non di opposizione, come nel caso del M5s – e con ‘virulenza ed energia’, nelle parole di Revelli. C’è la velocità delle proposte, come sottolineato anche più volte da Ilvo Diamanti.

Revelli ne sottolinea la velocità e la virulenza, che arrivano anche nel commento a queste elezioni all’una di notte, ‘Male affluenza, bene risultati: 2-0 netto. 4 regioni su 4 strappate alla dx in 9 mesi. Lega asfalta forza Italia e Grillo. Pd sopra il 40%.’ La Lega ‘asfalta’ Forza Italia e Grillo.

Ma in Emilia Romagna il 61% non ha votato. Più del 50% non ha votato in Calabria. Le analisi sottolineano il voto di opinione non mobilizzato, l’assenza di elezioni in altre regioni o a livello nazionale, o locale. In particolare, è interessante guardare alla politica proposta e alle realtà regionali. Se nelle regionali in Emilia Romagna le recenti vicende possono aver segnato la bassa affluenza, è importante guardare alla fluidità del ‘mercato elettorale’, come sottolineato da Diamanti in un contributo di qualche anno fa, guardando alla ‘sordità delle oligarchie’.

Sordità che pare ripetersi nel sottolineare un successo che si fatica a cogliere. Il rinnovamento ha preso la forma di un governo dove destra e sinistra governano insieme, dove il M5s ha dimostrato di saper contestare, ma essere meno capace nelle proposte e nel saper costruire alleanze, e la Lega guadagna con un codice linguistico già usato oltralpe.

Ne pare ancora una volte uscire un Paese sospeso e spaesato in attesa di una proposta alternativa e credibile, sia per governare sia per rappresentare.

Non serve ribadire il successo, e non sembra giovare la contapposizione all’altro, l’asserzione del proprio pensiero senza interagire se non in una contrapposizione avversa.

Quando poi la contrapposizione avviene, questa svilisce l’avversario o lo si attacca. Si evita il dialogo. Si parla di futuro e si rottama il passato. Si parla di democrazia 2.0, ma non si fanno proposte e non si cercano alleanze.

E la politica manca ancora di dialogo e le proposte perdono il presente, e gli elettori.

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