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Vediamo le carte, verifichiamo per una volta l’orientamento dei nostri elettori non sulle persone, come il segretario-premier chiede spesso di fare (l’ultima volta quando si trattava di digerire Juncker), ma sulle cose da fare. Andiamo a chiedere alla nostra famosa base (senza paura, giusto?) cosa pensa dell’articolo 18. Apriamo i circoli e montiamo i gazebo, magari proprio sabato 18 ottobre, e facciamo un bel referendum, come previsto dall’articolo 27 dello statuto del Partito Democratico: per darci quel regolamento che manca sin dalla nostra fondazione abbiamo una proposta pronta da anni, e si può approvare domani, a proposito di velocità.

E a proposito della stessa velocità abbiamo anche una proposta alternativa di riforma del lavoro: una che non preveda di scannarsi sui diritti dei lavoratori, che cambi davvero le cose e che anche questa si potrebbe approvare domani mattina, accontentando chi proprio sul lavoro ci chiede di fare in fretta, non solo l’Europa, ma anche chi l’emergenza la vive in prima persona perché il lavoro non ce l’ha.

Così, visto che sul punto specifico dell’articolo 18 Renzi pare aver cambiato verso rispetto alla sua iniziale indifferenza verso il tema, e visto che gli alleati-non-alleati di Forza Italia, finalmente di nuovo in sintonia con gli alleati-alleati di Ncd proprio su questo chiedono la prova d’amore, cogliamo l’occasione di consultare i nostri elettori per verificare se il governo “dura finché fa le cose” (sempre parole del premier) o se al contrario fa le cose per durare, ovvero per compiacere le larghe intese che garantiscono la sua variabile maggioranza. O se addirittura la scelta è quella di far precipitare tutto quanto, dando agli altri le colpe di forzature che provengono invece da chi è al governo.

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