Perché una corsia preferenziale per le proposte del governo e non per quelle dei cittadini?

La presidente della Camera dei deputati, in una bella intervista a Il Corriere della Sera, lamenta giustamente un «aumento preoccupante della decretazione d’urgenza» (purtroppo spesso omnibus, aggiungo) da parte del governo e ne auspica la riduzione, anche perché – ricordiamolo – la Costituzione prevede che i decreti legge possano essere adottati dall’esecutivo solo «in casi straordinari di necessità e d’urgenza».

Una riduzione del numero dei decreti legge – dice ancora la presidente – dovrebbe conseguire alla riforma dei regolamenti parlamentari cui sta lavorando la giunta competente, per dare «tempi certi ai provvedimenti del governo».

La stessa preoccupazione è stata fatta propria dalla proposta governativa di revisione costituzionale, con una formulazione davvero eccessiva (e perfino preoccupante) per cui il governo può chiedere che le proprie proposte siano votate entro sessanta giorni allo scadere dei quali – quale che sia il punto a cui è arrivata la discussione – si ha comunque il voto finale.

L’obiettivo è sempre quello: che le proposte del governo siano approvate in fretta, senza discutere troppo e senza fare troppe modifiche (forse dimenticando che, in una forma di governo parlamentare, è il governo a dipendere dal parlamento – che i cittadini hanno eletto – e non viceversa).

Analoga preoccupazione non si registra per le proposte di iniziativa popolare alle quali invece crediamo si debba molta più attenzione, come abbiamo evidenziato con il #progetto2giugno e con la mia proposta di legge costituzionale sulla partecipazione. Infatti, il progetto di revisione costituzionale licenziato in prima lettura al Senato si limita a dire che le relative deliberazioni «sono garantite nei tempi, nelle forme e nei limiti stabiliti dai regolamenti parlamentari».

Ma quali? Quando arriveranno? In questo senso il testo formulato dal gruppo di lavoro nell’ambito della Giunta della Camera compie – a Costituzione invariata – già alcuni passi avanti. Ma prima e più che nei regolamenti l’intervento dovrebbe essere fatto in Costituzione, prevedendo – come fa il nostro progetto – che se non si vota entro un certo termine (ad esempio un anno) la proposta venga sottoposta direttamente al voto popolare con un referendum.

Vorrei, in sostanza, che le proposte di iniziativa popolare pesassero più e non meno delle altre. Invece, la riforma costituzionale – che proprio sui procedimenti legislativi è molto pasticciata – si preoccupa solo di assicurare una corsia preferenziale per il governo (che tra l’altro, soprattutto se trova adeguata sponda per contingentamenti e canguri, come abbiamo visto proprio per la riforma costituzionale, la corsia preferenziale ce l’ha già). Mentre le proposte di iniziativa parlamentare rimangono di solito nella piazzola di sosta.

P.S.: nella stessa intervista la presidente Boldrini ricorda – come ha fatto anche il Presidente della Repubblica – che da settimane sono ormai scaduti sia due giudici costituzionali che i membri laici del Consiglio superiore della magistratura, e come tutte le votazioni fino ad ora svolte da parte del Parlamento in seduta comune siano andate a vuoto. Ecco, da tempo auspico che non ci siano più ritardi e che la situazione si risolva quanto prima. Per questo credo che le forze politiche, a partire dal Pd, che è la più grande, ne debbano discutere per poi (finalmente) deliberare. Devo registrare, purtroppo, che delle elezioni dei membri della Corte costituzionale e del Csm non abbiamo mai discusso né al partito né nel gruppo parlamentare. Mi pare grave. La prossima votazione è fissata per il 10 settembre. Quando pensiamo di discuterne? O forse si aspetta che maturino i soliti accordi sottobanco e che ci vengano comunicati alcuni nomi a poche ore da una votazione?

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