Naturalmente per commentare la nuova proposta del Senato bisognerà attendere i testi, anche perché siamo stati abituati a molti (e continui) cambiamenti. Basti pensare che i sindaci sono progressivamente scesi da 108 a 21 (sembra).

Tra le varie notizie, quella che pare oggi attirare maggiormente l’attenzione dell’opinione pubblica è quella relativa all’immunità parlamentare che, in precedenti proposte, i senatori-sindaci e i senatori-consiglieri regionali non avevano, e che invece l’ultima versione della riforma prevederebbe.

Tra le immunità, quella per i voti dati e le opinioni espresse è collegata all’esercizio delle funzioni parlamentari (anche se tradizionalmente interpretata in modo da estenderla molto), ma le altre, che prevedono l’autorizzazione a procedere per la perquisizione, l’arresto e le altre misure privative della libertà personale, le intercettazioni e il sequestro della corrispondenza si applicano al parlamentare (deputato o senatore) a prescindere. Cioè, sia che il fatto per cui si procede sia stato commesso nell’esercizio delle funzioni sia che non lo sia stato.

Cosa comporterebbe questo? Che un sindaco nei confronti del quale si procedesse per fatti commessi durante il suo mandato amministrativo (tristemente noti) potrebbe usufruire, in quanto senatore, delle immunità di cui all’articolo 68 (commi 2 e 3). Non proprio un aiuto al contrasto ai numerosi episodi di corruzione cui purtroppo assistiamo (anche) a livello locale.

Si tratta, naturalmente, solo di uno dei problemi del doppio incarico. Che mentre la Francia ha appena eliminato (non a caso) l’Italia vuole introdurre (peraltro dopo che alla fine della scorsa legislatura era stata sancita – a seguito dell’intervento della Corte costituzionale – l’incompatibilità tra la carica parlamentare e quella di sindaco).

Chissà se questa è l’ultima bozza che ci viene presentata: in comune con le precedenti ha numerose e palesi contraddizioni. Speriamo soltanto che non sia l’ultima versione…

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