Il machiavellismo autorizza a mentire, a non tenere fede alla parola data, a uccidere, e tutto questo in nome dell’interesse dello Stato, affinché sia garantita la sua stabilità, concepita come bene supremo. Montaigne non ha mai sposato questi princìpi. Rifiuta sistematicamente l’inganno e l’ipocrisia. Si presenta sempre così com’è, dice quel che pensa, in barba alle convenienze. Alla strada “coperta” – così la chiama – preferisce la strada “aperta”, la franchezza, la lealtà. Per lui il fine non giustifica i mezzi. Non è mai disposto a sacrificare la morale individuale alla ragion di Stato.
E ha modo di constatare che questa condotta irragionevole non gli ha mai nociuto, anzi, si è rivelata efficace. La sua condotta non solo è più onesta, ma anche più utile. Se un uomo pubblico mente anche una sola volta, non gli si dà più credito; ha scelto un espediente poco lungimirante; ha dunque sbagliato i suoi calcoli.
Secondo Montaigne la sincerità, la fedeltà alla parola data sono comportamenti ben più remunerativi. Se non si è inclini all’onestà per intima convinzione morale, bisognerebbe esservi indotti dalla ragion pratica.

Antoine Compagnon, Un’estate con Montaigne, Adelphi 2014.

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