Andrea Scanzi, a cui mi rivolgo come lui spesso fa su Facebook e dalle colonne del Fatto, e anche de visu, perché ci si conosce e ci si confronta da un po’, mi chiede ormai da tempo che cosa ci faccia nel Pd e perché non mi metta in proprio per costruire una sinistra formidabile, libera dai condizionamenti, gentile nei toni e rigorosa nei contenuti, che superi di slancio tutti gli errori del passato (prossimo e remoto) del Pd, che si smarchi dalle logiche correntizie che ancora resistono (nonostante tutto), che apra un tavolo con le forze vive e le energie migliori che la politica istituzionale (di Palazzo, per capirci) non ha mai considerato.

Che se uno lo legge, questo consiglio, è anche affascinante. E non privo di fondamento, dal momento che ora tutti riconoscono gli errori per i quali ero messo alla berlina da tutto il partito fino a qualche giorno fa. Ero scettico rispetto al governo fin dal primo giorno e non certo per opportunismo o per cattiveria, ma perché ci stavo male. Ora addirittura si parla con nonchalance di mesi di fallimenti e di un disastro per il quale si fatica a trovare parole, se non sarcastiche.

E gli errori, peraltro, non iniziano dalla primavera del 2013, ma da parecchio tempo prima.

La risposta che ho abbozzato in questi mesi e che ho cercato di mettere in pratica e in politica con la candidatura alle primarie, che era poco considerata da tutti e da quei pochi che lo facevano la consideravano una follia totale, è che c’è uno spazio da occupare, se si vuole fare la sinistra e però andare a governare. Perché le due cose per me sono altrettanto importanti.

E sì, lo sapevo che c’era solo Renzi, come mi fece notare l’ineffabile Floris a Ballarò, addirittura meravigliato dalla mia candidatura. Ma questo è un motivo in più (non in meno) per stare in quella partita.

Caro Andrea, metti che si arrivi alla mediazione sullo spagnolo, di cui parlano, un po’ incautamente (anche perché conosciamo Berlusconi), come di una cosa fatta. Un sistema che a me non piace molto (ci sono ancora le liste bloccate, c’è ancora un premio di maggioranza, che lo fa diventare più un fiorentino che uno spagnolo), ma certo non aiuta l’andare e venire dei grillini sul Mattarella: come già per il governo, il loro chiamarsi fuori è foriero di sventure. Si fossero uniti a quanto vado dicendo da mesi, che ci voleva il Mattarella del Senato, come ha cercato di fare Di Maio, ora forse ci sarebbe un altro fronte aperto. Ma a Casaleggio piace il proporzionale, quello che c’è e che emerge dalla Consulta, quindi nisba (quindi Silvio o, in subordine, Angelino).

Ma veniamo al punto: lo spagnolo è un sistema per cui si possono affermare solo grandi partiti (non coalizioni, a meno che nella stessa lista non confluiscano più forze politiche) che per vincere devono andare molto bene. Anzi, moltissimo bene, tanto che si rischia di passare dallo spagnolo al greco, per capirci. Con il rischio di doversi comunque alleare, in un secondo tempo.

Certo, è solo uno scenario, ma sappiamo che potrebbe andare a finire così. A questo punto, mi chiedo: che senso ha fare un partito che difficilmente potrebbe vincere da solo le elezioni, rinunciando al patrimonio di elettori del Pd (tre milioni alle primarie) e alla sua bella storia di militanza, che accompagna le mille incertezze che tu sempre segnali? Che senso ha riunire la sinistra, se poi questa sinistra va da sola, ingaggiando una sfida con il Pd che potrebbe poi far vincere la destra? E se poi questa sinistra si deve comunque alleare con il Pd (come avrebbe dovuto fare, con altre formule, s’intende, il M5s ad aprile)?

Ovvero, e ti rovescio in positivo le domande: non è pensabile costruire, nel grande spazio del Pd, una presenza forte, e che lo sia sempre di più, rispetto a questioni e battaglie che nel Pd si possono (e si devono) poter confrontare? E allargare quello spazio, contando su chi quelle cose le dice e le pensa da tempo, rispetto alla democrazia, alla Costituzione, alla rappresentanza, alle disuguaglianze, alla moralizzazione del sistema?

La mia è una domanda retorica (e una risposta politica) assolutamente temporanea, per continuare a discutere con te, e con le migliaia di persone che hanno la pazienza di leggerci, e di leggerci entrambi. Perché alla fine non c’è solo Renzi, anzi. E d’altra parte non c’è solo la minoranza che difende Letta e attacca Renzi, nell’eterno gioco delle correnti interne (che si scambiano di posto, perché una sinistra che sostiene Letta contro Renzi è un po’ curiosa, diciamo così).

L’importante è rendersene conto, secondo me, e provare a capire come farla emergere. Non solo e non tanto dal punto di vista mediatico, ma con una cultura politica (e una conseguente proposta) che sia riconoscibile e chiara. Perché su questo punto siamo tutti d’accordo e credimi: tra i due ti assicuro che sono io, più di te, a non poterne più di quelle cose a cui assisto da anni.

Passo e non chiudo.

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