Mandare tutti a quel Paese? Dare sfogo al mugugno, alla contestazione, dire cose dure dei politici, dei conti che non tornano, delle sproporzioni e delle disuguaglianze?

Secondo me non è di per sé sbagliato: lo scazzo e l’amarezza regnano sovrani, e non è il caso di offendersi e di eccedere in una difesa complicata, forse impossibile.

Ciò che mi chiedo è se questo basti: e se continuare a parlare dei guai, soffermarsi sui ‘morti’ (zombie, tombe, funerali, estreme unzioni, con un tono pomposo, nel senso delle pompe funebri), non sia un limite.

C’è piuttosto bisogno dell’atmosfera che precede un viaggio, una nuova sfida, un matrimonio o una nascita (Hannah Arendt), una festa di laurea.

Come in quel film, con una delle battute più maschiliste della storia (la questione maschile sempre attuale). Lei chiede: “Amore, vorrei andare in un posto in cui non sono mai stata”. E lui risponde: “prova in cucina”.

Ecco, vorrei andassimo in un posto in cui non siamo mai stati. Che non è la cucina (anche se il cibo e il suolo e l’ambiente e l’alimentazione e la lotta alla fame sono strategici) ma in un’Italia diversa. Quel Paese, sì. Quello che non c’è, che non abbiamo visto, né raccontato.

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