Dopo mesi di falchi e colombe, di specchietti per le allodole e di voli pindarici (tutte storie che a me ricordano di quando in Regione, con Carlo Monguzzi, difendevamo le peppole e i prispoloni), sono arrivati i gufi che dicono con la solita sicumera che le primarie saranno un flop. In effetti di flop sono esperti. E alle primarie, per altro, ci hanno creduto poco e solo quando le vincevano loro.

I gufi sono strategici: per mesi hanno fatto cose difficili da spiegare anche ai familiari, figuriamoci agli elettori; non hanno dedicato nemmeno un minuto agli elettori che se n’erano già andati a febbraio (quattro milioni dal centrosinistra a Grillo, almeno, oltre a coloro che a votare non ci vengono più); hanno fatto saltare la coalizione delle ultime primarie, sacrificando Bersani e allontanando Vendola in un colpo solo; hanno rimosso l’episodio dei 101 con cui è stato umiliato il fondatore dell’Ulivo e il primo primario della storia patria, Romano Prodi; hanno deluso gli elettori con un sacco di mosse incomprensibili, dall’Imu alla Cancellieri… e ora si chiedono chi verrà a votare alle primarie. E già dicono che saranno pochi, gli elettori. Come ogni volta, perché lo dicono sempre, per dichiararsi poi sorpresi alla fine.

In realtà, che siano pochi se lo augurano. Non vorrete mica che a votare siano i militanti delusi, gli ulivisti, gli elettori di Italia Bene Comune, i cittadini che hanno votato Grillo in una delle due Camere “per darci un segnale”, i giovani che non ci vengono mai, gli attivisti per l’acqua, la pace, i diritti. Giammai.

Meno semo, mejo stamo, dice un vecchio adagio. Sconfiggiamolo. Sbaragliamoli. Facciamo diventare l’8 dicembre il giorno in cui prendiamo tutti una strada diversa, rispetto a quello che è successo il 19 aprile, la data in cui si vota per tornare a votare un’Italia nuova, non per la decadenza ma per la promozione in un altro scenario, in un altro campionato, in un’altra storia.

I due euro diamoli a chi ne ha bisogno, perché la politica si può fare con meno soldi, in entrata e in uscita. Lo abbiamo fatto per l’Emilia, facciamolo per la Sardegna, dove silenziosamente chiuderò la mia personale (e collettiva) campagna. E lo abbiamo dimostrato mille volte, che ci sono troppi soldi che girano, intorno alla politica. E che si può fare diversamente, senza fondazioni, banche e assicurazioni.

Non contiamo gli euro, contiamo gli elettori. Che sono gli unici che contano e si stanno contando già, e il flop sanno benissimo chi l’ha procurato e dove sta. Vi aspetto al gazebo. Non facciamoci fregare anche questa volta.

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