Stasera avrei dovuto presentare con Gioia Salvatori il suo libro Gianroberto Casaleggio, sfide e fallimenti di un visionario, pubblicato da FuoriOnda (la casa editrice di Arezzo che aveva pubblicato, più o meno un anno fa, anche il mio La rivendicazione della politica). Mi scuso con l'autrice e con i lettori, ma non ce l'ho fatta e non parteciperò alla presentazione, organizzata alla libreria Arion, davanti alla Camera è prevista per le 18.30.

Il libro è documentatissimo e ricostruisce la figura (finora più o meno considerata irricostruibile) di Casaleggio, della sua propria attività e del suo lavoro per il M5s.

Imprenditore e visionario, Casaleggio ha gestito la campagna elettorale più vincente della storia repubblicana (con un effetto superiore alla stessa Forza Italia del 1994) e ha retto il M5s alla difficile prova della presenza in Parlamento, divenendo – a detta degli stessi parlamentari del M5s – il vero leader del Movimento.

Come si può conciliare l'autoritarismo di una gestione completamente centralizzata con l'iperdemocrazia della rete? Come si può promuovere il lavoro di una forza politica che non si accorda mai con le altre e la cui purezza pretende il riconoscimento totale delle proprie ragioni o una vittoria largamente maggioritaria per poterle realizzare? È strategico o banalmente contraddittorio, un atteggiamento del genere? Fino a quando l'inesperienza del M5s funzionerà anche come alibi per non aprire alla promozione di una compiuta democrazia interna, per la quale la posizione dei gruppi non sia smentita dalla presa di posizione del vertice della piramide (una rete può essere una piramide?)? Quanta concretezza c'è nella visione di Casaleggio?

Sono domande a cui Salvatori contribuisce a rispondere e lo farà, tra poco, a due passi da quel Parlamento in cui il M5s è sbarcato con 8 milioni di voti, sprecando volutamente l'occasione di andare al governo con il Pd (solo da soli possono governare, sostiene Casaleggio) e rappresentando una forza di opposizione che, dopo una fase molto confusa, sa come giocare con le incertezze delle larghe intese, nelle quali gli strateghi sembrano molto più potenti ma molto meno lucidi dell'inquietante Casaleggio. Inquietante soprattutto perché si fatica a capirlo e a prevederne le mosse, soprattutto se si è offuscati dal solito snobismo che ci fa perdere sempre.

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