Ci sono un po’ di cose che non tornano, nelle vicende un po’ convulse del M5S. E non lo dico con malizia, lo dico perché un po’ mi dispiace che ogni giorno ce ne sia una.

Grillo continua a richiamare all’ordine, non sopporta i dissidenti, si lamenta di non controllare tutto e tutti, quando è evidente che se uno vale uno, se il movimento è ‘mosso’ dal basso, certi toni stonano. Non solo per la pubblica opinione istigata dai grandi giornali e dai poteri forti, anche per la sensibilità dei parlamentari, che staranno pure in una tomba maleodorante, stretti come sardine nella scatoletta di tonno (vuota, per di più), ma ovviamente fanno le loro valutazioni.

Poi viene fuori che sono parlamentari scelti con non tantissimi voti (in alcuni casi pochissimi): non è colpa però dei parlamentari, ma eventualmente di quelle parlamentarie di cui Grillo rivendicava la bontà (arrivando a definire buffonarie quelle degli altri). Dirlo ora è un po’ antipatico. E se qualcuno lo trova ingiusto, ha ragione.

Da ultimo, non si capisce perché non si faccia una riflessione banale sul fatto che se si prende il 25%, oltre a sperare di prendere di più la prossima volta (che è pure legittimo), non è detto che sia un dato migliorabile. E che magari possa essere opportuno valorizzare subito quel risultato, soprattutto se si vogliono cambiare le cose non appena si può.

Tutto questo per dire che più interessante delle defezioni e del commento sui tradimenti e del dibattito sulle fughe (da Gaia?), sarebbe l’indicazione di una linea diversa. E più coerente e leggibile. Non so se farebbe bene al M5S, sono sicuro però che farebbe bene al Parlamento.

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