I commentatori politici dei giornali più autorevoli la sanno lunghissima sul M5S. Prima non se lo cacavano quasi, ora tutti a discettarne. Ovviamente per denigrarlo, perché tutto sommato è più solida un’intesa con il Pdl («come fate a non capirlo?»). Avete presente la stagione del governo Monti? Uguale. Però «questa volta è diverso», si farà la legge elettorale e tutte quelle norme che servono al Paese. Mentre con il M5S non si può. Perché? Perché loro sono contro i partiti. Berlusconi invece.

Spiegano che non ci si può relazionare con loro come se fossero esponenti di «una forza politica normale». Dicono che è vecchia politica discutere con loro di fiducia al governo e di chi andrà a fare il presidente della Camera o del Senato.

Insistono: «non è così che si fa, no, non avete capito».

E allora mi chiedo: ma come facciamo, cari commentatori che la sapete lunga, ci esprimiamo a gesti, proviamo con l’esperanto, cerchiamo una combinazione di Ruzzle? Posto che hanno curiosamente deciso di non consultare gli elettori sulla questione più importante (governo sì, governo no), indiciamo noi un referendum online?

Il trio del Pd non è irresistibile, ma cosa facciamo, inviamo una delegazione di gesuiti euclidei vestiti come dei bonzi?

Capite che c’è un problema e che ci sono cose che non tornano, nel dibattito di questi giorni, soprattutto se si leggono i giornali?

Perché è singolare che ora difendano i partiti anche coloro che hanno un partito che è un non-partito dal 1994, che hanno celebrato un Congresso più di dieci anni dopo la fondazione della propria forza politica e che non hanno mai voluto dare una fisionomia ai partiti per legge. E che ieri erano tutti schierati nell’atrio del Tribunale di Milano, forse per ribadire l’alto profilo istituzionale che intendono offrire al Paese, nella totale immedesimazione del partito con il capo (che non ha un blog, però, volete mettere?).

Sarò strano ma a me piacerebbe discutere di tutto questo senza pregiudizi in Parlamento, perché il Parlamento lo hanno inventato, appunto, per discutere di questo tipo di cose. E gli eletti sono quelli che poi votano o non votano, danno o non danno la fiducia, decidono di stare o di tornare a casa. Anche subito.

E, se posso, faccio notare a tutti che le Camere non si sono ancora nemmeno riunite. Per dire. E che fino al 15 aprile, quando voteremo il nuovo Presidente della Repubblica, c’è tutto il tempo per capire quello che non abbiamo ancora capito. Che qualcuno finge di non capire. E che qualcun altro proprio non capisce, da vent’anni a questa parte.

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