E con Giulio Cavalli e con tutti quelli che, legittimamente, stanno pensando di candidarsi alle primarie.

Il suo entourage è prodigo di battute, in queste ore, in cui sono di volta in volta definito come un burocrate, come un avversario del civismo, come una personalità politica non moderata. Perché ci vorrebbe un moderato, si sostiene. Detto da un sindaco che moderato lo è e lo è sempre stato, anche quando militava in Rifondazione Comunista, intendiamoci.

Preso atto del suo protagonismo e del suo lavoro indefesso di queste ore, più da segretario che da sindaco, mi piacerebbe confrontarmi pubblicamente con il sindaco di Milano, per discutere insieme, civilmente e con la dovuta moderazione, di quello che sia meglio fare in Lombardia, senza affidarsi alle veline e agli attacchi-poi-puntualmente-smentiti-però-non-del-tutto. Parlando magari di cose da fare, sulle grandi scelte, come l’Expo, la Sea e altre cosette che riguardano sia il governo di Milano, sia il lavoro della prossima Lombardia.

C’è anche chi pensa che le primarie non sia il caso di farle: non il segretario nazionale e regionale del Pd, sia chiaro, ma nel centrosinistra più d’uno vorrebbe ‘chiudere’ prima di dare il via alla competizione. E questo non mi piace, né capisco i motivi che hanno portato a optare per soluzioni bizzarre.

Nel frattempo leggo sul web che sarei un «cagone» (termine tecnico) perché non mi sono candidato da solo, contro tutto e contro tutti. E via di battute pesanti, che ci stanno, perché a noi le battute pesanti piacciono, ma non colgono molto nel segno.

Perché quello che si sta cercando di fare è trovare il candidato migliore per la Regione Lombardia. E per farlo ci vogliono le primarie e ci vogliono candidati (o candidate) forti. E non ho certo la presunzione di essere l’unico nome possibile, tanto che nei giorni passati mi sono personalmente adoperato per capire se ci fosse la disponibilità di Umberto Ambrosoli.

Perché nessuno può vincere da solo, in una sfida così complessa. Perché è giusto sondare e verificare le ipotesi migliori. Perché la Lombardia è un posto parecchio complicato, soprattutto dopo gli orrori degli ultimi mesi.

E perché forse prima di esprimere giudizi, in una direzione o nell’altra, sarebbe il caso di informarsi: perché nel corso degli ultimi anni, sono stato tra i pochi a sostenere, presso la direzione nazionale del Pd, che a Milano si potesse vincere (mentre i massimi dirigenti del Pd pensavano il contrario); perché nel 2011 mi sono impegnato in una campagna elettorale generosa e totalmente disinteressata; perché sono anni che indago i rapporti tra partiti e movimenti, come abbiamo cercato di fare a Bologna, lo scorso anno, di questi tempi, sotto il tendone del Nostro tempo; e perché ho seguito, lungo tutto il Paese, quella linea arancione, che è passata anche da Genova e da Napoli, e in tante battaglie promosse in questi anni con Prossima Italia.

E perché, infine, ballo da solo, è vero, ma non mi sono proprio auto-candidato a un bel niente. Sto cercando solo di far vincere il centrosinistra, senza ricorrere a etichette che, dopo il voto siciliano, e quello che è successo in questi anni dalle nostre parti, non hanno più alcuna ragione di esistere. A meno che moderato non voglia dire essere proprio così.

P.S.: oltre al toto-nomi, sicuramente avvincente, che ne dite di partecipare, moderatamente, alla raccolta di idee e di proposte per la Lombardia.

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