Accorato appello di Roberta De Monticelli, che trovate qui.

DA NOI, l’ambiente è una questione che le comprende quasi tutte.

Perché è una questione che punta il dito su quello che non esiterei a chiamare il suicidio morale di una nazione, l’aspetto terribilmente visibile della catastrofe morale e civile che si misura in tasso di corruzione e crescita della zona grigia di contiguità fra politica e – purtroppo – criminalità, più o meno organizzata.

Non sono un’ambientalista anche nel senso che non sono “solo” tale, e lo dico per pregarla, Segretario, di non far spallucce come se fosse una questione di lusso, una questione secondaria nel disastro in mezzo al quale ci troviamo.

Di non fare come da sempre fa in questo nostro Paese la sinistra, per la quale la bellezza (l’aspetto visibile di quell’”ordine” che i disastri ambientali distruggono) è un lusso, e prima viene il necessario.

La bellezza non è un lusso e la sua distruzione ha lo stesso significato della distruzione di tutti gli altri beni senza i quali semplicemente non vale la pena di vivere.

E per i quali, invece, il pane quotidiano è un mezzo (non di solo pane vive l’uomo): la giustizia, la libertà, la ricerca del vero.

L’idea che la bellezza sia un lusso ha fatto a questo nostro Paese più danno – infinitamente di più – di qualunque attardata nostalgia di “socialismi reali”, centralismi “democratici” e altre eredità da un pezzo dismesse dalla sinistra italiana. Mentre quell’idea resta purtroppo un’ovvietà mai dismessa dal suo arsenale mentale.

Non sono un’ambientalista, e perciò l’ambiente che ci circonda qui, in Italia, preferirei chiamarlo, con Salvatore Settis, il paesaggio storico, che comprende tanta parte di beni “comuni” – naturali e culturali.

Ecco: Zagrebelsky insisteva sulla necessità di chiarire cosa fa la differenza, nelle parole e nei programmi che il Pd proporrà, perché nessuno direbbe “abbasso il lavoro” o “distruggiamo l’ambiente”.

Ecco allora una parola nuova e una battaglia specifica, che uno studioso di fama internazionale come Settis propone da molto tempo, pubblicamente e quotidianamente. Ma perché né il Pd né il governo dei “tecnici” sembrano essersene accorti?

Perché abbiamo ai due ministeri che per l’Italia sono infinitamente importanti, quelli dell’ambiente e dei beni culturali, due ministri che meno “tecnici”, cioè esperti e appassionati dei problemi specifici, non si può? Cosa ha fatto il Pd perché così non fosse?

Dopo queste tre negazioni potrà immaginare la mia questione senza – speriamo – subito rimuoverla:

qual è la linea del Pd sull’ambiente italiano, o meglio sui nostri paesaggi storici – se ce n’è una?

I nostri paesaggi storici: vale a dire il volto stesso del nostro Paese, la nostra identità, il nostro marchio di valore agli occhi del mondo, la nostra residua risorsa economica, il (già scarso) futuro dei nostri figli, e inoltre e più in profondità il nostro e loro nutrimento spirituale e culturale, la nostra radice.

Ma anche qualcosa che non appartiene a noi, e tanto meno a ciascuna regione o provincia o comune, ma in alcuni casi all’umanità intera.

Questo nostro volto, caro Segretario, noi da una ventina d’anni a questa parte lo stiamo distruggendo, con una sistematicità, un’intensità, una rapidità che non ha eguali nei decenni precedenti, compresi gli anni del boom e gli edonistici anni ’80.

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