Leggete qui: la Regione Lombardia passa in rassegna i dirigenti, perché firmino una lettera di sostegno al Presidente.

La domanda sorge spontanea: e se non dovessero firmare?

I pezzi da novanta del Pirellone chiamati a mobilitarsi a sostegno di Roberto Formigoni. Ma attenzione: non i politici, qui si parla della struttura dirigenziale, di uomini e donne inseriti all’apice della “macchina”. E che adesso — volenti o nolenti — dovrebbero rispondere a una sorta di chiamata dall’alto per far quadrato attorno al presidente. E Dovrebbero farlo con una lettera aperta il cui senso a prima vista sfugge. Sì, perché è normale, anzi normalissimo, che i dirigenti di una pubblica amministrazione si debbano sentire «chiamati in causa nella realizzazione e degli obiettivi» prefissati. Tanto più per «rispondere alle sfide dell’attuale difficile momento».

Resta da capire come mai gli alti burocrati del Pirellone sentano il bisogno di sottoscrivere questa lettera — che ha tutta l’aria di essere ispirata direttamente dal Celeste governatore e dai “capi” a lui più vicini — per dire che loro continueranno come e più di prima a fare ciò a cui sono stati chiamati. Forse perché, come scrivono, «non possiamo essere indifferenti alle critiche e alle cronache che, nel più ampio scontro politico, tendono ad accreditare una struttura regionale fortemente deficitaria sul piano dell’efficienza e più impegnata in giochi di potere che nel garantire efficacia della propria azione». Ecco perché l’iniziativa della dirigenza sembra rispondere a una chiamata alle armi di Formigoni.
E, a una lettura un po’ maliziosa, forse perfino preludere a una conta interna che potrebbe perfino mettere in difficoltà quei dirigenti (ce ne sono, ce ne sono) più che scettici di fronte all’opportunità di “schierarsi” in qualche modo a difesa di un governatore inseguito dai guai.

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