Fossi in voi, leggerei il libro di Gianluca Briguglia che trovate qui.

Perché, tra le tante altre cose buone, ce n’è una che mi ha colpito particolarmente. Si riferisce al Morgante del Pulci. E al pizzico di un granchietto, che lo fa cadere ucciso. Metafora ironica e potentissima che potrebbe tornarci molto utile nei mesi a venire.

A che serve riconoscere quanto di volontario asservimento, in una logica del dono condizionato, del do ut des costruttivo che ormai sembra essersi trasformato nell’illusione conservatrice (cioè rovinosa, machiavellianamente) di cercare privilegi per tutti, se non per ricominciare a chiedere qualcosa di effettivamente grande e comune, qualcosa di pubblico? Ma se questo volesse dire cominciare a scrivere narrazioni alternative, cioè vite alternative? Non solo la vita del principe, non solo il testo di un corpo comune, ma proprio le vite di ognuno, la vita di chi lavora, la vita di chi risparmia, la vita di chi emigra e di chi immigra, in un racconto aperto e comune. Dove sono queste vite? Le vite di tutti, la vita nostra, nella quale tutti poterci riconoscere nella propria diversità. E se fosse questo il granchietto che punge il piede del gigante che noi stessi abbiamo lasciato che si raccontasse? E se fosse questa capacità di riscrivere sempre la storia e farla nuova, uno dei talenti dell’identità italiana?

Gianluca Briguglia, 150 più 1. L’Italia alla prova di se stessa, p. 91.

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