L’Italia si affeziona alle dicotomie. Non ce n’è. Da Coppi-Bartali in avanti, è uno schema irresistibile per tutti.

Siamo bipolari, e non solo e non tanto in senso elettorale. Lo siamo in senso ‘tecnico’, appunto.

Ora, la nuova dicotomia è quella tra tecnici e politici. Come se il governo Monti fosse un governo tecnico, per altro, mentre tutti quelli che ancora ci capiscono qualcosa non possono non notare che si tratti di una operazione politica sofisticatissima. Come se non ci fossero ragioni politiche (e in alcuni casi polemicissime) alla radice delle sue scelte. Come se tutto quanto non si basasse sul più precario degli equilibri politici, come abbondantemente dimostrato nelle ultime settimane. Come se i suoi protagonisti principali non venissero dai palazzi della politica e, più precisamente, del potere. Quello ‘costituito’, da sempre.

Non che sia necessariamente un problema, o un giudizio definitivo, ma almeno non prendiamoci in giro.

Dall’altra parte, i politici sono tutti incapaci. Per definizione. Perché non sono tecnici, è evidente. Anche quelli che lo sono e lo sono stati. Prodi, per dire. O lo stesso Bersani, che tutti dicono essere stato un buon ministro (anche quelli che non lo vedono bene come segretario, per capirci, o come leader della futura coalizione).

Ma non voglio cascare nella dicotomia a mia volta. No, perché penso che il problema sia quello di costruire una classe dirigente nuova, che sia competente sotto il profilo tecnico (sappia fare le cose), capace di relazioni politiche (senza strappare il dibattito ogni dieci minuti) e soprattutto in grado di creare intorno a sé una maggioranza che sostiene le sue scelte. Una classe politica che tiene insieme soluzioni e consenso, proprio perché composta da politici, per così dire, istituzionali e dalle migliori espressioni (politiche anch’esse) della società.

Lo so che è difficile, ma vi sottopongo un caso, che riguarda le prossime Amministrative.

Sapete quanti tecnici ci sono in giro? Maestri dell’amministrazione, cultori del bilancio, attivisti del volontariato, scienziati dell’organizzazione. Che lavorano insieme, nei tanti Comuni italiani. E spesso con risultati più che dignitosi, nonostante le grandi difficoltà del momento. Un momento che dura da un secolo, per altro.

Ecco, iniziate a votare loro, i migliori tra loro. E poi vedrete che la dicotomia vi incuriosirà (e spaventerà) molto meno. E magari potremo aprire una partita nazionale un po’ diversa da quella che ci viene proposta ogni giorno.

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