Guido mi scrive su Facebook:

Conosco da molti anni Giuseppe Civati. Non è un “radicale”. E un giovane progressista con la testa sulle spalle, attento al sociale e molto liberale (nel senso migliore del termine). Eppure riesce a “scavalcare a sinistra” la classe dirigente del PD che si vanta di essere tornata a sinistra dopo anni di veltronismo. Questo per avere la misura della confusione che regna.

Ho spiegato in un’intervista perché sarò in piazza domattina a Roma.

Ne avevo per altro già scritto qui, diffusamente, ma voglio aggiungere due o tre considerazioni che possono essere ‘utili’ a me e forse anche a Guido.

Per prima cosa, se ho deciso così, non è certo per questa o quella scelta di posizionamento all’interno del Pd o del centrosinistra: primo, perché sinceramente non me ne frega un fico secco di posizionarmi; secondo, perché mi pare che le categorie che Guido cita come contrapposte lo siano state pochissimo in questi anni e ora addirittura abbiano lo stesso disegno politico in mente; terzo, perché credo che essere liberal, come ho già scritto, non voglia dire non vedere le cose che capitano e immaginare forme contrattuali e relazioni sindacali innovative non significa passare sopra ai diritti dei lavoratori (vale per l’articolo 18 e anche per la forte discriminazione che Fiat riserva a Fiom).

Non scavalco proprio nessuno, se non i luoghi comuni che stanno devastando il centrosinistra da quando ero alle medie.

La confusione, poi, regna sovrana perché le persone non si sentono rappresentate, perché la politica non ha funzionato e la sinistra non ha trovato modalità nuove per entrare in contatto con il mondo della produzione nel suo complesso. Che ha perso terreno, in Italia, sotto ogni punto di vista.

Il tentativo per me e fortunatamente per molti altri è sempre quello di accorciare quella distanza, di dare risposte alle domande, senza pretendere che le risposte siano automatiche. Anzi. Ma rispettando le domande che provengono dalla società. E cercando di capire le ragioni di un conflitto, e non solo di banalizzarlo con i soliti politicismi. Come se tutto il mondo fosse il Pd.

Per altro sono stato in piazza già per il No-B Day, che sembrava un’eresia (il Pd mandò, all’ultimo minuto, una Bindi d’emergenza), e il 15 ottobre, quando in piazza c’erano i ragazzi indignati (e poi anche qualcun altro, che ha rovinato tutto) e la politica commentava da lontano, perché sono strani, questi di Occupy… Anche se poi, come ha detto una volta David Plouffe (uno che lavora con Obama), dicono le cose che si sentono ripetere nelle cucine e nei salotti di tutta l’America (e non solo). Strani, davvero.

Quanto alla presenza di esponenti No Tav alla manifestazione, posso solo dire che anche a proposito della Val di Susa (anche se non sfuggirà a nessuno che la questione non è più geograficamente determinata, ma è diventata politica e ha coagulato intorno a sé motivi di disagio diversi che attraversano il Paese, quelli sì ad alta velocità) sto cercando di fare la stessa cosa, di contribuire a creare una sede di confronto tra livello locale e nazionale, sulla base di proposte note a tutti da anni e considerate solo in parte (nel progetto profondamente rivisto, alla luce di alcuni di quegli argomenti, che ci troviamo ora a discutere).

Il mio, insomma, in entrambi i casi, non è uno strappo. Lo strappo, quello vero, che non riguarda solo le cose che penso io (chissenefrega), no, quello strappo grande e terribile, mi dispiace, c’è già stato.

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