Il brocardo medievale – versione sofisticata di “un colpo al cerchio e uno alla botte” – serve per spiegare come è stata concepita la manovra. Un po’ a destra e un po’ a sinistra, per dirla con le categorie – sospese dall’emergenza nazionale, eppure ancora esistenti – della politica (non solo italiana, eh).

L’Italia è un Paese di anziani proprietari di casa e la manovra si è orientata su questo dato statistico e demografico banale, quasi scontato, per trovare i miliardi della quarta edizione 2011.

Molto, quasi tutto quelle che si poteva fare sulle pensioni, con pochissime buone notizie per i pensionati (molto minori di quelle di cui si vociferava a partire dal discorso di investitura di Monti). Anzi, il blocco degli aggiornamenti delle pensioni sembra davvero una carognata. E, nonostante il passaggio al contributivo per tutti sia cosa buona, si poteva gestire molto meglio, per evitare traumi che invece così certamente ci saranno.

Pochissimo (e molto meno di quello che si poteva fare) sulla tracciabilità, e un gesto simbolico e discutibile – comunque lo si giudichi – con l’intervento sui capitali scudati, che abbiamo già commentato. Il Pdl si sarebbe messo di traverso. E questa è la costante di tutta la vicenda: perché il Pd è più responsabile del Pdl (non che ci voglia moltissimo) e allora ci si sbilancia un po’ di più sul versante destrorso dell’emiciclo.

Anche la patrimoniale (che poteva essere ben altra cosa) trova qualche elemento diffuso tra yacht, lusso e soprattutto rivalutazione degli estimi (che introduce una buona progressività), ma Monti si è detto ad essa dichiaratamente contrario con argomenti già sentiti nei mesi scorsi da autorevoli commentatori della conservazione italica. Argomenti che non reggono, e che fanno segno ancora una volta alla costante di cui sopra. “La patrimoniale no!”, ha detto qualcuno. E, allora, niente patrimoniale. Eppure sarebbe stato sufficiente fare riferimento a una data qualsiasi (il 30 giugno 2011) per evitare che non scappasse nessuno. Si è fatto per i conti correnti, in una situazione di emergenza analoga a questa, si sarebbe potuto fare anche per chi ha grandi disponibilità patrimoniali. E la patrimoniale sarebbe servita per tirare giù, in modo vistoso, le tasse sul lavoro e sulla produzione, che erano il messaggio che molti di noi attendevano (nella speranza che, per colpe precedenti, non si debba poi arrivare davvero all’aumento dell’Iva dei 2 punti, che non farebbe bene per niente al nostro sistema produttivo in un passaggio così difficile).

La casta si conferma intoccabile. La devastazione delle province (piuttosto che lasciarle agonizzanti, meglio abolirle) non è che un piccolo segnale, per il resto, tra politici, manager pubblici, rimborsi elettorali nulla si è fatto.

Pessime notizie per gli enti locali, secondo tradizione, anche perché toccherà a loro ancora una volta procedere per addizionali e fronteggiare il terribile patto di stabilità (addirittura irrigidito).

Quanto ai giovani, non ci si può limitare a sostenere che ci guadagnano perché gli anziani sono penalizzati. Mi pare un argomento molto debole. E tutto si gioca sulla riforma degli ammortizzatori, che il governo presenterà nelle prossime settimane.

E le donne, richiamate giustamente a gran voce? Non mi pare siano state aiutate come ci si poteva aspettare. E non c’è punto di Irap che tenga, in un versante in cui c’è tanto, troppo da recuperare per limitarsi a piccoli interventi.

La dico così: non fossimo devastati (premessa maggiore) e l’avesse promulgata il governo precedente (premessa minore e però di qualche importanza) non l’avrebbe apprezzata nessuno, a sinistra, questa manovra. Né quella tradizionale, per intenderci, né quella liberale, che ha alzato molto la voce negli ultimi giorni, ma si ritrova solo con un completamento della riforma Dini e poco altro di strutturale.

Diciamo che è la estrema conseguenza di una stagione politica che si chiude, un passaggio di responsabilità e di stile, e apriamone un’altra. Alla svelta.

Dicendo che noi avremmo fatto la patrimoniale e ci pensiamo per il futuro, seriamente. Dicendo che si può parlare di tracciabilità solo al di sotto dei 500 euro.  Facendo notare che per parlare di equità, in questo Paese, ci vogliono segnali molto più forti. E che i costi della politica sono una cosa seria. E che abbasseremo le tasse per chi produce, quando toccherà a noi.

La colpa di Monti, però, è insita nel dato ontologico di questo governo: ha una maggioranza fatta così e così e per fare interventi strutturali ad ampio raggio ci vuole un governo politico che nasca dal confronto con gli elettori. Diverso dai precedenti, siamo d’accordo, ma è un po’ difficile cambiare il mondo con l'”aliquo dato, aliquo retento”. Ciò non toglie che una manovra andasse fatta, subito, e che i sacrifici fossero anche questi connaturati a questo nuovo esecutivo. E che da qui si deve ripartire, perché abbiamo passato anni a fare i fenomeni e questi sono i risultati.

Del resto, non fossimo nella merda (termine tecnico), dal punto di vista economico ma anche politico, non ci sarebbe stato il governo Monti. E fare molto di più di così, con un Parlamento così, era quasi impossibile. Anche se, a partire da Repubblica, oggi, molti si aspettavano di più e sono legittimamente un po’ delusi.

E non è un fatto politico, direbbe qualcuno, è matematica.

P.S.: ho trovato di pessimo gusto, piccolo borghese, la rinuncia di Monti a uno dei due stipendi. Una mossa piaciona, di cui Monti non ha certo bisogno, e nemmeno del tutto veritiera: perché da senatore a vita un’indennità la percepisce, tra l’altro, e perché certe cose sanno di demagogia allo stato puro. E non è da lui. Meglio le lacrime sincere del ministro Fornero, che è comunque la migliore di quell’esecutivo e lo ha già dimostrato.

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