Le violenze proseguono ancora in via Merulana e questa volta non c'è riferimento gaddiano che tenga. Da qualche ora, sto continuando a pensare a La ferita di Marco Imarisio. Un libro che va letto, non solo per quello che ricorda di Genova, ma per quello che ci insegna circa quello che è successo dopo. Le conseguenze di quel fine settimana, insomma, che fu anche la fine dei no global in Italia. E una ipoteca per un'intera generazione.

I media (almeno quelli che si chiamano così, perché stanno in medio) riprendono con molto equilibrio la giornata. Le cronache distinguono i centomila (qualcuno dice addirittura duecentomila) manifestanti pacifici e sereni dai violenti di piazza San Giovanni e degli altri episodi che hanno purtroppo costellato la giornata.

La notizia migliore di oggi è che gli stronzi sono stati salutati come tali dal corteo. E, nella tristezza con cui si chiude la giornata, è comunque un fatto positivo.

I dichiaratori-di-professione esternano a vanvera, come sempre, con l'agenzia facile e il pensiero involuto che spesso ne accompagna le riflessioni. La migliore resta quella di Gasparri che chiede a Maroni di riferire in Parlamento, perché la meschinità, a volte, cambia obiettivo.

Restano da capire molte cose, mentre volteggiano gli elicotteri nella zona di piazza Vittorio e della stazione, la prima delle quali è perché non sia stato fermato alcun violento. Speriamo non sia così, perché non sarebbe un bel segnale. Per nessuno.

Se fossi nel Governo, poi, eviterei toni trionfalistici, di fronte a un fallimento che riguarda la capacità di interpretare una manifestazione del genere, in cui i facinorosi sono stati riconosciuti da tutti (per via del cappuccio e dei caschi) ed erano, come scrivevo ieri, purtroppo attesi.

Sarà tutto più difficile, ora, per chi vorrà fare discorsi radicali, di cambiamento e, insieme, di movimento. Per rimarginare questa ferita, ci vuole la cura di una rappresentanza politica più credibile e il filo di un rapporto con i movimenti. All'insegna non certo della confusione dei ruoli, come mi ostino a ripetere, ma del rispetto per le ragioni di ciascuno. Ci vuole un po' di coraggio, per capire di più.

Oggi, ad esempio, mi sono trovato due volte a pensarla nello stesso modo di Draghi, l'autore della lettera che tanto fa discutere: ha detto che i ragazzi «hanno ragione» e che è stato un «peccato» vedere la violenza per le strade e le piazze di Roma.

Ripartiamo da qui, anche per discutere quella lettera, e per capire come questo Paese può tornare a essere quello che oggi, proprio oggi, ancora non è.

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