Lo ha scritto Stefano Rodotà su Repubblica, a proposito del vento che soffia, della crisi della rappresentanza e, insomma, della politica italiana:

La rappresentanza si sposta altrove. Lo sciopero generale della Cgil deve essere valutato anche con questo criterio, ultimo esempio di una catena di avvenimenti che dall'autunno dell'anno scorso ha messo in evidenza che nella società italiana, così come sta accadendo in altri paesi, stiamo vivendo una crisi della rappresentanza tradizionale alla quale si accompagna una spinta sociale a creare nuove forme di rappresentanza. Il mondo del lavoro e quello della scuola e della cultura, le donne di "Se non ora quando", i comitati per l'acqua pubblica sono le manifestazioni visibili di un movimento che mostra come l'Italia stia cambiando e, al tempo stesso, come i ceti politici tradizionali non siano ancora in grado di cogliere l'importanza grande di questo mutamento. I successi del centrosinistra nelle elezioni amministrative, la straordinaria vittoria nei referendum non sarebbero stati possibili senza quelle mobilitazioni, che avevano creato il clima propizio ad una partecipazione intensa dei cittadini. Ilvo Diamanti ha opportunamente sottolineato che il 16% degli elettori, (più di sette milioni di persone, un terzo delle quali giovani) ha fatto campagna elettorale per le amministrative e i referendum.

Di tutto questo patrimonio la politica istituzionale non ha saputo far tesoro, nonostante i richiami siano piovuti da più parti e molti abbiano celebrato la vittoria dei referendum. Senza sapere, a volte, di che cosa si trattasse:

Quella “primavera italiana” è stata frettolosamente archiviata. Nessun segno di attenzione da parte degli attori politici ufficiali. Dopo che 27 milioni di persone avevano detto sì ai referendum sull'acqua pubblica, mi sarei aspettato che il segretario del Pd, in primo luogo, chiedesse un incontro con i comitati promotori, artefici di tanto successo, capaci di aprire canali rappresentativi adeguati ai tempi. Se questo fosse avvenuto, se si fosse compresa l'importanza di quella svolta politica, forse si sarebbe giunti con minor debolezza al difficile appuntamento estivo con la crisi finanziaria e non si sarebbero secondati i tentativi di cancellare i risultati dei referendum, visibilissimi nel decreto. L'occasione per creare un collegamento tra vecchie e nuove forme di rappresentanza, indispensabile per ridare senso ad una democrazia rappresentativa ormai inscindibile dalla democrazia “continua” resa possibile da Internet, dunque per riconciliare cittadini e istituzioni, rischia così d'essere perduta.

Ecco perché è importante ricostruire la rosa dei venti e saperla interpretare. Perché ci sono le spine della crisi economica, c'è la mancanza di fiducia del governo e, però, della politica in generale, c'è la durezza della situazione sociale e della sua disaggregazione sempre più evidente in un Paese che scivola. E c'è la mobilitazione di migliaia di persone che deve trovare un riferimento, una proposta politica e un progetto comune, altrimenti questo vento si disperderà e potrà diventare bufera.

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