Non è estranea alla dimensione politica in senso ampio pur essendo distante dagli stilemi della politica tradizionale. Sicuramente questa generazione è lontana dai partiti e dalle procedure tradizionali della rappresentanza democratica, ma non è affatto in fuga da quelle che si possono riconoscere come questioni pubblicamente rilevanti.

Una generazione che sa mobilitarsi globalmente su temi particolari o in occasione di eventi importanti. Una generazione che fa controinformazione. Una generazione che si organizza attraverso le reti telematiche per perseguire determinati scopi.

Di contro, la politica tradizionale è arroccata su stili assai lontani da quelli elaborati dalla look at me generation. Tale generazione spesso non è avvertita neppure come valida interlocutrice dai professionisti dalla politica. I suoi problemi non sono dunque al centro del dibattito politico e dell'agenda dei media mainstream. Piuttosto che parlare di fuga della look at me generation della sfera pubblica, si dovrebbe parlare di fuga dei politici da questa generazione.

Esemplare a riguardo il comportamento di Silvio Berlusconi nell'ultimo dibattito prima delle elezioni dell'aprile 2008: all'intervistatore che gli chiedeva cosa avrebbe fatto per i giovani precari, Berlusconi rispondeva che avrebbe innalzato gli emolumenti ai pensionati. Al contrario, il primo dibattito per le presidenziali americane, riceveva commenti del tipo: "Barack Obama ha parlato ai giovani di internet piuttosto che alla totalità degli americani".

Antonio Tursi, Politica 2.0. Blog, Facebook, Wikileaks: ripensare la sfera pubblica, Mimesis 2011, p. 81.

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