Sullo sfondo delle liti della maggioranza, ridotte a gossip sui presunti litigi tra Berlusconi e Tremonti, si sta in realtà consumando un altro sfregio sulla pelle collettiva del Paese, e in particolare sullo strato che è già il più maltrattato e, insieme, il più sensibile: quello costituito dalla componente giovanile.

Lo sfregio riguarda il debito pubblico e il fatto che misure da adottare per la sua riduzione siano condizionate da questo Governo alla data delle elezioni, con una disinvoltura antidemocratica che non ha eguali nei Paesi del mondo occidentale.

Il debito riguarda il nostro passato, ma soprattuto il nostro futuro. Ho cercato di spiegarlo più analiticamente nel Manifesto del partito dei giovani, grazie ai contributi di Rita Castellani e Filippo Taddei, e anche nel vocabolario di Prossima Italia, ma vale la pena richiamarlo qui. Dagli anni '90 in poi, il debito pubblico italiano è stato contenuto e ridotto solo dai governi di centrosinistra, e in particolare da quelli a guida Prodi.

Il motivo non è l'estetica contabile, di cui va in giro a vantarsi Tremonti. Per evitare la bancarotta dello Stato (stile Grecia, per capirci), bisogna che i titoli che rappresentano il debito trovino sempre nuovi compratori, a scadenza. I principali compratori e detentori dei titoli di Stato sono i fondi finanziari e, quindi, le banche: che garantiscono il riacquisto solo se il rendimento (gli interessi correnti, che paga sempre lo Stato sul bilancio di ogni anno) è conveniente e sicuro; e se, soprattutto, possono contare su un flusso di risparmio adeguato per il riacquisto stesso, senza dover rinunciare a finanziare investimenti di altra natura. 

Allora, da una parte c'è il fatto che più alto è il debito e maggiore è la quota di spesa pubblica corrente che va per interessi, invece che per insegnanti, ricerca, strade, acquedotti, ecc. Dall'altra, per finanziarlo occorre che una quota consistente del reddito nazionale sia destinata a risparmio, come è avvenuto con i governi della destra, grazie ad una politica fiscale che ha favorito la crescita dei redditi più alti che sono, appunto, quelli che percentualmente risparmiano di più. Anche perché con mille euro c'è ben poco da risparmiare. 

Dunque, ed è questa la cosa che davvero conta, una riforma fiscale in senso opposto, che favorisca davvero i redditi più bassi, e quindi anche se non soprattutto i giovani, non si può fare senza aggredire il debito pubblico. La UE questo sta chiedendo: se non siete capaci, sta dicendo al Governo, allora dovete tassare i consumi, e le imposte indirette.

Il governo, che vorrebbe votare nel 2012 senza farsi carico fino in fondo di questa situazione economica (che sa di non reggere fino al 2013), sta giocando con i destini del Paese. Ecco in breve il senso della disfida tra i due. E noi dobbiamo essere semplicemente capaci di dire a entrambi, e a tutta l'allegra compagnia: siete la rovina definitiva di questo paese. Andatevene.

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