Sappiamo quanto sia strumentale la scelta del B scatenato delle ultime ore, ma sulla questione generazionale è arrivato prima il Pdl. Teniamone conto:

Del resto se le amministrative sono state una sberla per il Pdl e la Lega, lo sono state in modo diverso anche per il partito di Bersani, che ha potuto cantare vittoria principalmente grazie a personalità nuove trainate dalle primarie. Cioè da un meccanismo di selezione che niente ha a che fare con le cooptazioni come – in qualche modo – sono state le primarie del segretario Pd fino a questo momento. Il passaggio nei gazebo non solo sarà ineludibile ma, dopo il caso Milano, forse si potrà anche vedere una vera gara senza che le correnti – o gli accordi preventivi, come fu per Veltroni – scrivano l'esito sin dall'inizio.
Insomma, la mossa del Cavaliere che mette Alfano in pista dà al movimento dei rottamatori di Renzi un senso nuovo: non più quello di un assalto sgomitante dei giovani sui vecchi, ma di un tema politico prioritario e urgente per un centro-sinistra che voglia competere per la vittoria alle prossime elezioni. Il Pd – ora – è costretto a un salto generazione speculare a quello del Pdl e anche da questa parte si impone un passaggio di consegne "padri-figli" attraverso primarie inedite e contese come sono state quelle milanesi.
Naturalmente parliamo di leader di partito, perché la scelta del premier sarà oggetto di altre trattative politiche e dipenderà soprattutto dalle alleanze che centro-destra e centro-sinistra porteranno a casa. Certo, lo Statuto del Pd prevede che il segretario sia anche il candidato premier della coalizione, ma al momento le incertezze su alleati e legge elettorale sono talmente tante che il problema è rinviato. 

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