A qualche giorno dalle elezioni amministrative, ecco le immancabili interviste di D'Alema (che ha spiegato, qualche giorno fa: se si vince a Milano, B a casa) e di Veltroni che rilancia, comunque vada, un confronto serrato all'interno del Pd.

Grandi riflessioni teoriche in cui gli argomenti si scambiano e, come si scriveva qualche tempo fa, si parla di «convergenza» tra i due.

Ecco, tutto molto interessante. Davvero. Ammirevole. Non molto nuovo e sorprendente, ma non fa niente.

Il punto è che saremmo in campagna elettorale. Che migliaia di democratici stanno facendo il possibile perché si vinca a Milano, a Napoli e nelle altre città. Che non gliene frega niente di mandare a casa Bersani o di esprimere un giudizio sul gruppo dirigente del Pd. Che non si angosciano rispetto alle alleanze, anche perché le alleanze ci sono già, in questa campagna elettorale, e non corrispondono ai modelli astrofisici sui quali a lungo si sono cimentati i nostri strateghi.

Che vorrebbero vedere di più il Pd. Non le interviste del Pd, proprio il Pd.

Abbiamo proposto a tutto il Pd, a partire dal suo mitico gruppo dirigente nazionale, di dare un contributo alla mobilitazione milanese del 7 maggio. Una mobilitazione che non è promossa da un gruppo di anarchici, ma dal Pd milanese e lombardo. Per ora, nonostante le sollecitazioni, il silenzio è totale.

Chissà che quel giorno, a una settimana dalle elezioni, non esca qualche intervista sul dopo-elezioni.

Noi, più modestamente, nel frattempo, le elezioni cerchiamo di vincerle. Grazie.

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