Ok, Bersani s'è desto. Si chiedono le dimissioni e (quasi, perché non si sa mai) anche le elezioni. Si minaccia la più grandiosa raccolta di firme (dieci milioni) per 'pretendere' che il premier vada «a casa» (un luogo ameno, non c'è che dire). Ogni tanto ci si fa prendere la nostalgia del governo tecnico, ma sono, appunto, rimbalzi tecnici (speriamo).

Il segretario del Pd appare determinato e convinto, forse per la prima volta, della propria leadership e della necessità di portare la sfida fuori dal Palazzo, in cui ci siamo rinchiusi per troppi mesi (e non fa bene, nemmeno alla salute).

Domani, al Lingotto, ci saranno (saremo) tutti, per celebrare il terzo anniversario dell'Unità dell'Italia democratica. Veltroni è ecumenico, Bersani promette: interverrò.

Delle alleanze si parla meno del solito, anche se ormai dovrebbe essere chiaro (quasi, perché bisogna esagerare) che una cosa è il centrosinistra e un'altra il centrodestra 'ripulito' di Casini e Fini.

Rimane qualche dubbio sul "da farsi", ma ci si augura che da qui all'assemblea nazionale di fine mese si voglia iniziare a pensare anche a quello.

Va tutto bene. O, almeno, sembra. Ora è solo questione di fiducia in se stessi e, da oggi in poi, di un po' di costanza. Chissà.

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