Il Pd che porto con me a Firenze, per dirne una, anzi due, di fronte a quello che sta succedendo, non si limiterebbe all’indignazione e alla protesta, ma farebbe tesoro della situazione, supererebbe di slancio le proprie timidezze e depositerebbe una proposta in Parlamento non solo e non tanto per esprimere solidarietà ai gay, ma per dare rappresentanza a un tema che in un Paese civile non si può negare: le unioni civili, che si chiamano così per il motivo che lo sono.

E farebbe anche in modo di raccontare a tutti, urbi et orbi (che sarebbero, se si vuole, anche quelli che fanno finta di non vedere, da vent’anni), che le italiane non sono quelle che B si immagina e che con tutta probabilità compra o, forse, seduce con il potere. Che sarebbero tutte puttane e veline, secondo una rappresentazione televisiva alla seconda potenza, e donne dappoco, come sono dappoco gli uomini che accompagnano B «a mostrar ciò che ’n camera si puote».

È questione di dare voce a quest’altra Italia, che c’è e che non vede l’ora di trovare qualcuno che le dica, a sua volta: ci sono. E che le parli con dolcezza e con passione. Che le ricordi che non si tratta di moralismo, ma di dignità. E di sperare in qualcosa di meglio, perché ogni singolo giorno delle nostre vite è molto lontano dalle notti hardcore di Arcore, che sono, in fondo, sempre la stessa notte. E le donne lo sanno bene, visto che la vita, anche la nostra, è soprattutto sulle loro spalle. E tra le loro braccia.

Un Pd così esiste in natura e a Firenze lo racconteremo. Anzi, ce lo faremo raccontare. Che è anche meglio.

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