leggere quello che si dice di noi, viene in mente uno slogan folgorante: «Nel Pd, per sempre giovani». Sì, perché il sindaco di Firenze è un «giovanotto», quelli che chiedono di cambiare sono «ragazzi» e i loro sono giovanilismi e semplificazioni adolescenziali. Si dice che la rottamazione di per sé non chiarisce che cosa verrà dopo: consiglierei a tutti di fare un salto a Firenze, dal 5 al 7 novembre. Perché ciascuno porterà con sé una parola del cambiamento. Si parlerà di una generazione che non c’è: non quella dei dirigenti del Pd (chissenefrega), ma quella dei giovani elettori (che il Pd lo votano, guarda caso, sempre meno). Di ritardi e limiti e responsabilità, che la politica italiana ha, in ogni schieramento. Del rapporto tra le generazioni, alla ricerca di una soluzione, però, perché negli ultimi vent’anni non se ne sono trovate. E trovarle è il compito della nostra.
La Terza Repubblica: perché la Prima è finita male e la Seconda non è nemmeno iniziata. Una Repubblica in cui si ritrovi una misura e una credibilità, si punti al ricambio senza tante storie, si dia voce agli elettori per scegliere i loro rappresentanti. Una Repubblica in cui i parlamentari siano la metà e guadagnino come i sindaci di una città come Firenze, non tre volte tanto. Perché non si fa politica per fare soldi, in nessuna accezione del termine.
Una Repubblica fondata sul lavoro, come una volta, non sulla rendita e sulla speculazione (vale anche per la politica stessa, tra l’altro). In cui si torni a investire dove serve e a ragionare sul futuro e non su quello che è accaduto ieri. Perché la generazione di cui dobbiamo occuparci, tutti, è la prossima e non è certo il momento di fare gli egoisti.
Una Repubblica credibile, in cui ci siano regole che danno la libertà proprio perché sono rispettate (e perché sono comprensibili, però). Una Repubblica aperta e rigorosa, ordinata, in cui se si dice no al nucleare, si presenta un piano energetico alternativo (che sarebbe anche l'unico): perché, come ha detto qualcuno, la patria è quella in cui vivrà chi viene dopo di noi. Una Repubblica in cui non si sprechi e si risparmi, dall'ambiente alla spesa pubblica. Dove le caserme diventino case, altro che federalismo demaniale. In cui si costruisca, ma non dove c’è il verde. Una Repubblica in cui sia premiato il merito, perché la scuola e le occasioni per crescere torneranno ad essere alla portata di tutti. Una Repubblica delle famiglie, a cominciare dalla casa in cui vivere e dai bambini che nascono, sia che si tratti di coppie di fatto (perché ora vogliamo quelle “di diritto”), sia che si provenga da Cantù o Timbuctu. Una Repubblica in cui, se la giustizia civile non funziona, dirlo non è un regalo a qualcuno, ma una questione da affrontare.
A Firenze «ci divertiremo seriamente», come abbiamo promesso di fare. «Alla pari», senza precedenze, né candidature da lanciare. Con il contributo di tutte le tribù democratiche e progressiste del Paese. Chi vorrà promuovere con noi l'iniziativa è il benvenuto. Nessuna primogenitura: abbiamo tutti cose più importanti da fare che continuare a 'etichettare' cose e persone.
Non c’è solo la Leopolda: le stazioni sono tante, diffuse in quasi tutto il Paese. E le idee corrono sulla rete. Ad «alta velocità» e «in banda larga»: perché vorremmo abbonarci a un'Italia diversa: la prossima. Vicina, solidale, nuova e, a suo modo, rivoluzionaria.

  •  
  •  
  •  
  •  

Commenti

commenti