Anche in Lombardia, anche in Brianza, tra qualche minuto.
Qui di seguito, quello che ho scritto per l’Unità, che non è stato pubblicato, per un disguido (tecnico, non politico).
La mafia in Lombardia. A lungo negata o quasi dai principali attori istituzionali, prefetto e sindaco di Milano in testa, snobbata dalla politica come un problema secondario, banalizzata da molti commentatori, è diventata una priorità d’azione da quando la politica ne è stata interessata direttamente.
Funzionari e politici ‘intercettati’, cordate elettorali, favori e scambi, silenzi e omissioni. E il famoso radicamento territoriale, intorno al quale la politica si affanna da tempo, realizzato proprio dalla criminalità, attraverso vertici a Paderno Dugnano e presenze diffuse nel Milanese, in Brianza e lungo l’asse del Sempione.
Una criminalità che si presenta con forme ormai tradizionali, quando si tratta di movimento terra, di edilizia, di rifiuti e di discariche, spesso abusive. E di bonifiche, anche. Ma una criminalità che assume anche le forme della normalità, attraverso il riciclaggio, in attività del tutto quotidiane, dalla ristorazione al commercio, anche al dettaglio. Che non si vede, insomma, ma che c’è, eccome, nel tessuto economico e produttivo delle nostre province.
La Lombardia è una delle piazze in cui investire, certamente la piazza in Italia più interessante per chi ha tanta liquidità e una società più permeabile di un tempo alla ‘ndrangheta e agli operatori economici ad essa collegati.
Una questione che riguarda la politica e la cultura della legalità che essa sa esprimere, tra uno scudo e un condono, un abuso e un favore. Perché la mafia, anche al Nord, si sconfigge soltanto se si è capaci di avere una politica al di sopra di ogni sospetto. Che isoli chi si è fatto coinvolgere, anche prima che diventi un fatto di rilevanza penale. Perché la politica non può farsi immischiare, mai. E deve essere dura e irreprensibile.
Le ragioni sono morali e civili, certamente, ma anche economiche. Perché la criminalità è un’impresa straordinaria che ammazza le altre, devasta la concorrenza, rende impossibile quella correttezza di rapporti e di relazioni di cui il mercato ha bisogno per consentire a tutti di crescere e svilupparsi.
Rende inutili le regole, la mafia, nelle forme che ha assunto in questi anni, soprattutto. Condiziona il dibattito pubblico e rovina il lavoro di chi crede in un’Italia pulita e onesta, che è costretto ad arretrare. In alcuni casi, a venire a patti: e allora la partita è persa, forse irrimediabilmente.
Ieri a Busto Arsizio, in occasione della sua assemblea nazionale dal forte accento programmatico, il Pd ne ha parlato più volte. Nelle relazioni di apertura, nelle parole del suo presidente, Rosy Bindi. «La mafia ha sempre maggiori capacità di ingresso in molte parti del Paese, anche per effetto della crisi», ha detto Veltroni.
Anche il Nord si deve confrontare con un problema nazionale, che non può più essere rappresentato come una questione che riguarda solo una parte del Paese. Un dato doloroso di realtà che si sposa con la cattiva politica e si accompagna, a tutte le latitudini, alla corruzione, altro male del Paese che la politica deve affrontare, come priorità assoluta. Oggi un’iniziativa attraverserà la Brianza, nella provincia voluta dalla Lega e protagonista delle cronache di ‘ndrangheta, concludendosi a Monza, una bella e ricca città del Nord.

  •  
  •  
  •  
  •  

Commenti

commenti