Sergio Chiamparino invita ad andare ‘oltre’ il Pd (già sentita) nel suo libro appena uscito per i tipi di Einaudi. Che s’intitola La Sfida e vuole suggerire alcune mosse alla sinistra italiana per Tornare a vincere. Anche al Nord.

Qualche premessa: Chiamparino aveva offerto il peggio di sé, quest’estate, in occasione di una serie di interviste ‘plurime’ in cui ne aveva dette di ogni più o meno su tutti gli argomenti che gli capitavano a tiro. Anche il libro risente di un modo di fare un po’ spiccio e un po’ sommario, che fa segno all’attivismo ruvido dell’attuale sindaco di Torino. Da ultimo, non si capisce proprio perché uno così non si sia candidato nel 2009, anziché pontificare nel 2010: le spiegazioni che di quella scelta offre ora sono, tra l’altro, anche peggiori di quello che potevamo pensare allora.

Per il resto, il libro è interessante. Molto. Perché archivia l’idea di un partito del Nord, spiegando che ci vuole un partito che funzioni al Nord – dove c’è il mercato – e al Sud – dove c’è soprattutto amministrazione. Perché pone la globalizzazione al centro della riflessione della sinistra, perché legge criticamente la decrescita (con qualche semplificazione, ma dicendo cose condivisibili), perché ricorda che la sinistra, da che mondo è mondo, è forza di cambiamento. Chiamparino invita a raccogliere la sfida, appunto, e ad assumersi, fino in fondo, i rischi che essa comporta. Sia all’interno del Pd e del suo ménage, sia al suo esterno. Perché è là dove le cose cambiano, dove ci sono investimenti e assunzioni di responsabilità, insomma, dove c’è il rischio, che la sinistra si deve collocare. Prima che altri continuino a occupare il suo campo d’azione.

Il messaggio è chiaro e convincente: casta e palazzo sono un problema per il Pd e il centrosinistra, da affrontare con intelligenza politica e non attraverso le lenti deformanti della demagogia. Ma da affrontare, però, una buona volta.

Chiamparino, poi, parla correttamente di immigrazione e di stranieri, rivendicando con il giusto orgoglio quanto ha fatto Torino in questi anni. Mi chiedo perché il Pd non prenda quel modello, interpretato magistralmente da Ilda Curti, e non lo estenda al resto del Paese. Misteri della fede.

Su Bersani, infine, Chiamparino è meno ingeneroso del solito e lo invita, credo correttamente, a “drammatizzare”, dice, la questione politica interna al Pd, invitandolo a una politica che enfatizzi la questione della “fisionomia” rispetto alla ricerca estesa, senza fine, di alleanze non sempre plausibili. Lo slogan del Chiampa è fenomenale: “uscire dal Pd per ritrovare il vero Pd”. Andare oltre, insomma, per ritrovare se stessi. Come potrei non essere d’accordo, almeno su questo punto?

Da ultimissimo, Chiamparino – come già il diabolico Renzi – invita a “messaggi che interessano, emozionano e mobilitano”. Ecco. Poi altre cose ci piacciono meno, ma soprattutto sul Nord, sulla finanza (detto alla leghista: le banche) e sulla rappresentatività della politica propone (a volte, per la verità, impone) considerazioni sagge e utili. Sarebbe bello che poi le facesse anche, Chiamparino, tutte queste cose. Candidandosi al momento giusto, facendo tesoro degli errori del passato, privilegiando il lavoro di squadra al gesto irripetibile e, anche per questo, solitario. Ma non si può avere tutto. La sfida è lanciata. Chissà che qualcuno la voglia raccogliere. E assumere. Fino in fondo.

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