È facile, se si ha voglia di leggere il libro di Ivan Scalfarotto, In nessun paese, Piemme (con Sandro Mangiaterra). Un libro utile e ben scritto, che vi aiuterà a capire un sacco di cose. Sull’omosessualità e sul Paese in cui viviamo. Dopo averlo letto, tutto vi sembrerà così chiaro che non solo non ammetterete più le resistenze verso le unioni civili e le coppie gay, ma avrete modo di prendere posizione, con parole semplici, nei confronti di chi ancora non capisce. O finge di non capire.

L’umanità e la naturalezza di ciò che nel libro è raccontato e descritto farà capitolare i conservatori di ogni specie. E di ogni orientamento. Chissà che l’Italia non voglia cambiare, come hanno già fatto tutti, ma proprio tutti, in Europa e nel mondo occidentale. Chissà che non voglia considerare che l’articolo 3 ci ricorda che siamo tutti uguali, proprio perché siamo diversi, per i motivi “più diversi”, tra l’altro. E siamo uguali, però, perché siamo cittadini e esseri umani: molto umani, e Scalfarotto lo dimostra, ma non troppo, come qualcuno ci vuole far credere, riferendosi a cose divine che palesemente oppone alla nostra quotidianità e alla nostra vita.

Scalfarotto lo sa. E lo sa anche spiegare. In punta di diritto e con quella dose di passione che ci vuole quando si parla di certi argomenti. Senza farne un dramma, ma nemmeno senza nascondere che un diritto negato a qualcuno è un diritto negato a tutti. Anche a coloro che si ritengono più uguali degli altri, in ragione di chissà quale convincimento. «Nessuno può farci sentire inferiori senza il nostro consenso», diceva Eleanor Roosevelt. E lo dice, più volte, la nostra Costituzione.

E, da ultimo, c’è una cosa da dire: che in una società così preoccupata dai conflitti e dalle tensioni procurate da «chi si odia», è importante che almeno «chi si ama» lo possa fare, in un contesto culturale e legislativo all’altezza della situazione. Ciò vale soprattutto per una Paese che ha fatto dell’individualismo la propria bandiera, senza saperlo accompagnare con i diritti civili e quelli sostanziali che occorrerebbero in queste rinnovate condizioni. Tutti a competere, pochi a rispettare gli altri. Ed è curioso che anche l’amore tra persone dello stesso sesso sia vissuto come una insidia nei confronti dell’amore eterosessuale: come se, anche in queste cose, ci potesse essere una competizione. E una sfida. Invece amore e unione (civile!) sono solo belle parole. Che fanno stare bene tutti, alla faccia delle divisioni con cui qualcuno ha voluto e vuole dividere noi stessi e i nostri vicini.

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