eri sera, alla Festa di Firenze, Enrico Rossi, presidente della Toscana, se l'è presa con me (e con Vendola, tra l'altro) in modo un po' volgare. Dice che sono lombardo e che lui non accetta lezioni dai lombardi. Perché in Lombardia si perde. Peccato che nessuno gliene abbia volute dare, di lezioni. E peccato che in Lombardia il vostro affezionatissimo non sia proprio il deus ex machina
Dice, passando all'attacco personale, che sono al secondo mandato e quindi vado rottamato: infatti, dopo due mandati, andrò a casa, e aggiungo che questa regola dovrebbe riguardare tutti, a cominciare dai parlamentari (in questo senso Rossi, polemizzando con me, finisce con il dichiararsi d'accordo con Renzi). Dice che lui non parteciperà alle giornate fiorentine che abbiamo lanciato, perché esprimono una cultura politica diversa dalla sua.
Ho sempre stimato Rossi e ho condiviso con lui una serata appassionante, a Perignano, vicino a casa sua. Non a caso Renzi ha parlato di rottamazione, non di rossamazione: non si capisce perché si arrabbi così. Quella sera, al tramonto, diceva cose sagge. Sulla politica da rendere più sobria (nei costi) e più popolare (nei benefici), sulla necessità di un rinnovamento profondo, anche culturale, anche del linguaggio. Sull'importanza delle cose rispetto alle chiacchiere. Quel Rossi sembra molto lontano da questo, e mi dispiace. Perché noi a Firenze si va "a viso aperto", con serenità, per fare grandi cose, tutti insieme. E la rottamazione, che tanto ha fatto arrabbiare Rossi, deve partire proprio da queste polemiche, che non hanno alcun contenuto concreto. Polemiche che ci fanno solo perdere tempo (e abbiamo già buttato via vent'anni, così) e che lasciano il tempo che trovano. E anche un po' di amaro in bocca. Perché ancora una volta dobbiamo registrare che sono i 'vecchi' ad attaccare i 'giovani' e non viceversa.
P.S.: questo messaggio si autodistruggerà dopo la lettura, perché l'ultima cosa che voglio è diventare così, un polemista ombelicale del vecchio Ulivo, per capirci. Ho, abbiamo da far cose più serie, costruir su macerie e mantenerci vivi.

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