Intorno a un tavolo dell'Aldina, una di quelle trattorie che meno male che ci sono ancora, ho incontrato Stefano Aurighi e Davide Lombardi, due giornalisti appassionati che, con Paolo Tomassone, hanno curato il documentario Occupiamo l’Emilia. Consiglio vivamente ai politici del Nord (e non solo) di incontrarli e di prendere visione del loro lavoro, che mi ha accompagnato mentre risalivo la pianura dove il Po discende, dall’ermo colle a Torino (e che mi accompagnerà ancora, attraverso il loro bel blog). «Lungo la linea rossa, che tiene ancorato il Nord al resto del Paese», mi dice Davide, una linea ideale che è il prossimo Rubicone da attraversare per avanzare verso Roma con l’obiettivo di allontanarsene definitivamente.
Modena, Emilia-Romagna. Una città tra le più belle e le meglio amministrate del mondo. Eppure, anche qui, immigrazione e sicurezza, prima di tutto e soprattutto. E poi la delusione di alcuni verso un modello politico e sociale e verso una sinistra incerta e a tratti un po' confusa. Non tanto a livello amministrativo, che qui la qualità è sempre altissima: no, a livello politico. E, poi, molto poco dulcis e nemmeno tanto in fundo, il rifiuto della politica che non funziona o che fa fatica a 'rappresentare' come faceva una volta: ecco a voi l'avanzata della Lega nelle regioni rosse, già indagata dal bel libro di Paolo Stefanini, Avanti Po, pubblicato qualche mese fa dal Saggiatore).
E, allora, i flussi elettorali che hanno portato all'affermazione della Lega in tutto il territorio regionale e le analisi del voto, più o meno serie e accurate. Le testimonianze dei militanti e la corriera in viaggio verso Pontida, nella speranza che le terre irredente si uniscano alla Lombardia liberata. Gli ex-comunisti (qui lo sono tutti, potremmo dire) che si sono convertiti al voto di 'territorio' e i consensi di destra che la Lega ha saputo attrarre e, in qualche caso, anche organizzare. In più, in Occupiamo l'Emilia, troverete il dato culturale e antropologico, quello che interessa di più i nostri autori. Quell’esigenza identitaria che si manifesta soprattutto nei piccoli centri, dove la strada sale e la Lega aumenta i consensi (così come accade da anni nel resto del Nord). E tra i giovani, che dichiarano di votare la Lega e lo fanno, sempre di più, nella regione dove dietro al bancone del bar Don Camillo, nella piazza di Brescello, trovi un ragazzo cinese. «Nel bel mezzo di un cambiamento epocale», mi dice Davide, si trova anche la rossa e consapevole Emilia. Un voto a volte tutt’altro che radicato, anzi, spesso superficiale, nelle testimonianze raccolte dai tre autori. Ma un voto che è un riflesso di questo paesaggio economico e sociale che cambia. E che può spaventare, soprattutto in un Paese fragile sotto il profilo culturale come il nostro.
Lungo la via Emilia, Davide, Paolo e Stefano hanno attraversato localismi di ogni sorta («Bologna ladrona» e i leghisti che si chiedono perché il documentario faccia riferimento all’Emilia e non alla Romagna), confini che si spostano, 'padanizzando' anche i territori al di là degli Appennini, verso le Marche e la Toscana, globalizzazioni che rimbalzano, dal mondo grande e terribile alle scale dei condomini di Sassuolo. «Prepolitica», dice Stefano, «che si afferma là dove la politica si ritrae» o dove si è chiusa in un sistema che qualche crepa inizia a mostrarla, come dimostra, per altro, anche il grande risultato ottenuto dalle liste Cinque stelle alle ultime Regionali. Iperpolitica e antipolitica che si confrontano, come dice qualcuno. E un lavoro da fare, prima di tutto a livello culturale. Perché le cose cambiano. E se loro occupano, noi, quantomeno, dovremmo occuparcene.

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