laquo;Una questione generazionale che non riguarda solo le persone»: oggi, sul Corriere Fiorentino, a cura di David Allegranti.
Amici e coetanei. Pippo Civati, consigliere regionale in Lombardia martedì sarà a Firenze alla Festa Democratica. Renzi disse che lo avrebbe voluto alla guida del Pd. «Con Matteo c’è un buon rapporto, molto sereno, non è un’associazione a delinquere la nostra, ma è anche un’amicizia politica», dice.
Anche lei vuole rottamare i dirigenti del suo partito?
«Io apprezzo soprattutto la parte in cui Renzi chiede un cambio di passo e di prospettiva. Lo diciamo da mesi, perfettamente inascoltati. La cosa divertente è che ci accusano di avere molta visibilità, ma non ci danno molto retta. Il concetto è che, se cade il governo, è compito dell’opposizione cogliere l’occasione per rilanciare una grande sfida, culturale prima di tutto. Qui si chiude un ciclo lungo vent’anni, inizia la Terza Repubblica».
E quindi ci vuole un ricambio.
«Al di là della spaventosa efficacia di Renzi, è evidente che c’è bisogno di energie nuove, più credibili quantomeno per il fatto di non essere state lì a consumarsi per vent’anni in una dialettica che porta poi all’idea di "un’alleanza contro Berlusconi", altra cosa di cui Matteo parla e su cui io sono d’accordissimo».
Niente ammucchiate.
«Non bisogna fare un’alleanza contro Berlusconi: noi dobbiamo fare un’alleanza per questo Paese, oltre Berlusconi, oltre questi anni e i nostri errori. Gli stessi che adesso parlano di alleanze sono quelli che le avevano già fatte perdendo le elezioni.È un approccio su cui Matteo penso trovi un grandissimo consenso tra le persone, che è inversamente proporzionale al dissenso che trova fra i dirigenti».
Quella posta da lei e Renzi è solo una questione generazionale?
«Non riguarda solo le persone, ma il Paese. È generazionale in termini di sfide politiche, ed è questa la verità che fa soffrire terribilmente questi dirigenti politici. Il nostro compito non è solo prendere il posto, candidare qualcuno di nuovo rispetto ai vecchi, ma costruire un’agenda politica che per una volta guardi al 2020 e non al 1996. Io da tempo parlo di Pompei: siamo fermi al 1994, sotto le ceneri dell’eruzione del vulcano e non riusciamo più a muoverci. Abbiamo gli stessi schemi politici, il solito dibattito sul sistema elettorale».
D’accordo anche con Renzi sull’«inaffidabile Fini»?
«Stiamo discutendo di uno che al 95 per cento condivide il programma di governo di Berlusconi. E noi discutiamo del 5 per cento che rimane? Seguiamo Bocchino come fosse la Sibilla Cumana, che ogni giorno ne ha una, spiega e rispiega dov’è d’accordo con Berlusconi. È una colpa storica di gente come Fini e dello stesso Casini aver consentito che questo Paese buttasse via vent’anni. Che sono anche per Renzi, per me e per tanti altri, i migliori della nostra vita».
Bersani dice che la «distruzione creativa» non porta da nessuna parte.
«Non è vero, ha portato da un sacco di parti; dal punto di vista tecnico è una cosa che potrei contestare, sul piano economico e filosofico, anche perché siamo in una crisi e forse alcune distruzioni sono creative. Anche lì mi permetto di dare un consiglio: ascoltiamo le cose che dice Renzi, andiamo a trovarlo a Palazzo Vecchio, perché è meglio che liquidarlo con una battuta su Maradona. Penso che se loro dovessero trovare a giro Maradona lo farebbero picchiare da uno di quei terzini muscolari».
Il partito degli amministratori è ciò che serve al Pd?
«Sicuramente è al livello locale, dove ci sono le nostre uniche energie visto che siamo all’opposizione del Paese, che dobbiamo guardare con maggiore attenzione per ripartire. Ma ci vuole un po’ di politica generale, generalissima. Siamo caduti nel trabocchetto di Berlusconi che parla sempre del "ghe pensi mi", ma non ha mai fatto niente, eppure i voti li prende, così come la Lega. Quindi sta anche nell’immaginare, attraverso il contributo degli amministratori e di chi fa politica, quale vocazione ha questo Paese, quale funzione vogliamo dare alla politica. Io vorrei uno slancio che tiene insieme la parola alata di Nichi Vendola e la capacità di governare del sindaco di Torino».

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