laquo;Bisognerebbe tentare di essere felici, se non altro per dare l'esempio», diceva qualcuno. E nella disillusione generale, tra larghe intese e vedute molto strette, il campeggio di Oltre è stato un momento memorabile per molti di noi.

 

3 giorni, 250 persone, 70 interventi, decine di progetti presentati, a cominciare da quelli che trovate (e troverete, sempre di più, nei prossimi giorni) qui (e anche qui, nelle parole e nelle immagini di chi ha partecipato).
Per rompere lo schema del berlusconismo di cui tutti parlano (in modo invero un po' accademico), per cercare di superare le divisioni che spesso ci rappresentiamo anche quando non ci sono, sarebbe bello se qualcuno volesse pensare così alla politica, come una grande occasione di condivisione, a cui tutti partecipano con la propria proposta, dopo averci pensato e lavorato, con la giusta curiosità per quello che altri fanno o sperano di fare. Magari insieme. Senza curarsi delle mozioni e delle correnti, ma cercando di incontrarsi a metà strada, lungo la via Emilia, che è anche più bello.
Dispiace che qualche osservatore abbia voluto offrire una bizzarra lettura del nostro lavoro, ma dall'antichità ci proviene il consiglio di non farci definire dagli altri, ma di definirci attraverso ciò che cerchiamo di fare. Questione di stile, si dirà. Già. E di romanticismo, anche, come è stato ricordato. Perché questa sinistra ne ha bisogno.
«Alla pari», senza alcuna gerarchia o primogenitura, abbiamo presentato alcuni progetti e non ne abbiamo parlato soltanto: li abbiamo proprio 'fatti'. E li abbiamo messi a disposizione di tutti, secondo il rigido protocollo del copyleft: chi li vuole, se li prenda. E abbiamo scoperto che alcune cose, prodotte dai 'famosi' territori, sarebbero di grande aiuto per il Pd e per la sinistra nel suo complesso, a cominciare dall'approccio e dal linguaggio per arrivare alla scelta degli argomenti e dei contenuti, da affrontare con piglio deciso e senza alcuna subalternità (nei confronti di chi, poi?).
Non abbiamo perso tempo in questi mesi e non ne perderemo nei prossimi: l'obiettivo ora è il 20 settembre, «Aprite questa porta», da pensare insieme, per dare voce alla generazione che non c'è. Con il pensiero rivolto all'Operazione Rebecca e a chi in futuro vorrebbe vivere in un Paese aperto e contemporaneo. Prima che sia troppo tardi. E per molti versi già lo è.

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