C'era da aspettarselo: siccome la Nazionale fa cacarissimo, sta a vedere che è colpa dei giovani italiani e di un sistema bloccato. E pensare che i giovani italiani dovrebbero essere più o meno gli stessi del 2006, perché sono passati solo 4 anni. Allora, nessun problema, tutto funzionava benissimo… Secondo Battista (Corriere) questo «non è un Paese per giovani»: ormai anche i titoli si tramandano di generazione in generazione. Il problema lo si vede sui campi da calcio, ma soprattutto in politica e in particolare nel Pd: «nel Pd sono la parodia del burocrate, ciascuno a occupare la casella nella direzione del partito per conto del maggiorente anziano». Già. Ma non c'è solo Battista. Crepet, che in effetti non poteva mancare, spiega, in una intervista alla Stampa: «è la generazione Cepu». Quindi, è colpa dei giovani se tutto va a rotoli (giovani compresi, s'intende).
Inizio a pensare che ci sia bisogno di una vera rivolta. Contro questo stato di cose. E anche contro certi commenti. Perché se i giovani poi si fanno sentire, gli stessi autorevoli commentatori si affrettano a spiegare che non è un fatto anagrafico, che il confronto (e il conflitto) generazionale non sono la risposta adeguata, che le cose non stanno proprio così. Leggendo simili articoli, mi verrebbe da chiedere: scusi, lei che pontifica, e che ha assistito impotente alla travolgente rovina di questo Paese, esattamente quanti anni ha? E ai suoi tempi, la Nazionale vinceva o perdeva? E nel 1982, quando Paolo Rossi era «un ragazzo come voi», come andava l'Italia?
Ad aprile, al Bellezza di Milano, parlammo di Partito dei giovani. Ci troviamo, tra il 23 e il 25 luglio, al campeggio di Oltre e ne parliamo. E se vogliono venire anche i commentatori d'ogni età, sono i benvenuti. Per discutere di cose serie, però.

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