nalisi molto parziale, oggi, di Tito Boeri su Repubblica sul voto alla Lega.
1. Il peso della Lega al Governo. La cassa integrazione in deroga, prima di tutto. E poi tanti «rubinetti discrezionali», un po' clientelari, a questo e a quello.
2. Incentivi più o meno diretti alla micro-evasione, eliminazione di alcuni obblighi per il controllo dei pagamenti (cosa che B ricorda in ogni comizio, non a caso), e lo scudo fiscale: 200.000 scudati per 450.000 euro a testa. Parecchi. «Tanti piccoli scudi».
3. La presenza sul territorio e la capacità di rappresentarlo e una forma partito da «piccolo centro», lontano dai riflettori e, certamente, dalla
politique politicienne.
Ora, il punto 1 mi pare il più discutibile, perché il peso di un partito al Governo, non solo dal punto di vista dei suoi elettori, è un fatto politicamente molto positivo (poi si può discutere delle modalità, ma se penso a quanto contava il Nord nei governi di centrosinistra…). Il punto 2 mi pare quello più rilevante, anche se mi chiedo come mai nessuno abbia inteso fare opposizione, sottolineando le numerose contraddizioni della Lega, in questi anni. Il punto 3 è quello culturalmente più importante e, ormai, di lungo periodo. Dire che la Lega non è televisiva, però, è un argomento da precisare, perché la Lega spopola nelle tv locali, dove i format stessi sono leghisteggianti. La verità è che della Lega colpisce l'approccio e il senso generale del suo agire politico. In più, quasi nessuno chiede alla Lega di pagare dazio (appunto) per il fatto di essere al governo da vent'anni, praticamente da sempre. E, soprattutto, alla Lega è stato concesso di potersi muovere senza ostacoli, su alcuni temi di grande rilevanza: fisco e immigrazione, ad esempio, senza che altri temi fossero fatti emergere dai suoi avversari (precariato e casa, per dirne due soltanto). Nessuno ha inteso rivolgersi a lavoratori e imprenditori onesti e corretti e responsabili, cercando di rappresentare loro, prima di tutto, sulla questione fiscale, cercando di capire cosa si dovesse fare per mantenere il rigore, senza ammazzare nessuno. Penso che, su questo, come sull'immigrazione, sia decisivo l'argomento della "concorrenza leale", che il Pd dovrebbe mettere al primo punto del suo programma (concorrenza tra operatori e tra contribuenti). Sullo scudo fiscale, oltre a non aver votato due volte in Parlamento (cose che fanno perdere voti a secchi), non abbiamo prodotto nemmeno un volantino (se non a marzo, quando lo scudo fiscale era praticamente già concluso) senza spiegare ai cittadini "senza scudo" (né protezioni di sorta) perché fosse un obbrobrio. La Lega ha un suo target di riferimento: difficile, dopo tanti anni, batterla sul suo terreno. Dovremmo capire qual è il nostro, di terreno, perché mi pare che abbiamo perso di vista il nostro playground, appunto, ben prima di poterci radicare. C'è poi l'immediatezza del messaggio leghista, spesso becero, certamente diretto. «Indiano», «barconi fermati», «Roma ladrona» e «basta tasse»: questi i messaggi. I soliti. Noi avevamo foto di persone pronte per l'anatomopatologo con un fumetto sulla bocca e messaggi assolutamente generici, per la serie: «Aiuti alle imprese» (vuoi anche non aiutarle?). In Lombardia, c'è stata una comunicazione debolissima, "di scuola", potremmo dire, dedicata alla figura del candidato presidente. E basta. Non c'è stata una campagna politica, né sull'acqua, né sul nucleare, né sul precariato, né sulle risposte alla crisi. Né sulle tasse, né sull'addizionale Irpef, né sulle forme della politica. Non c'è stata alcuna denuncia sul sistema di potere e sulle clientele di Formigoni (decisamente superiori a quelle della Lega ma date come un dato naturale, ormai). E, dove c'è stata, la campagna politica, si è vista troppo poco. Ricordo, da ultimo, che al Nord non c'è solo la Lega, ma c'è ancora tantissimo Pdl. Perché non vorrei che guardassimo con un occhio solo e dessimo B già per sparito, in regioni dove si trova sopra al 30%, comunque. E, sul fatto che molti votino Lega per non votare B, pur essendo suoi alleati, è il caso di fare un lavoro specifico. Sarà per la prossima volta. Ovvero, sarà per subito. Da ultimissimo, la Lega ha un racconto che spesso è una mitologia d'accatto. Però ce l'ha. Noi no. Siamo ancora qui a discutere di cose che vediamo talmente bene, per poi fare puntualmente il contrario. Parliamo di ricambio, e sono loro a candidare quarantenni come presidenti. Parliamo di visibilità dei nostri leader territoriali, e in tv vanno i soliti, dal 1994. Parliamo di radicamento, e facciamo campagne politiche nazionali senza nemmeno sentire se vanno bene, a Treviso come a Siracusa. Parliamo di linguaggio, infine, ma non parliamo. C'è da fare, insomma.
P.S.: molto è percezione, come tutti sappiamo. Non dimentichiamolo. Anche il consenso è spesso percettivo, non solo la paura o la sicurezza, come ripetiamo in ogni convegno. La Lega è percepita, da molti, non tutti pazzi criminali, celti o razzisti, come un movimento così, vicino, prossimo, di territorio, capace di fare. Così, per certi versi, anche se sembra (appunto, sembra) incredibile, anche B. Noi, no. E, forse, invece di offenderci (perché spesso non è affatto vero che sia così), dovremmo preoccuparci del fatto di essere vissuti come snob, lontani, difficilmente comprensibili. Perché percezione fa rima con elezione. E con attenzione. Grazie.

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