«Riammettere liste irregolari per decreto» diventa «ridare il voto agli italiani». Questa è l'Italia politica e finalmente c'è un libro che la descrive. Si tratta di Verità avvelenata di Franca D'Agostini (sottotitolo: Buoni e cattivi argomenti nel dibattito pubblico). Lo pubblica Bollati Boringhieri. L'esempio che ho fatto è un misto tra una fallacia ad baculum (uso della forza: «il Pdl non ha presentato le firme, vero, ma è il partito più forte») e una fallacia ad populum (appello al sentimento popolare: «sarebbero tanti gli elettori esclusi»). C'è anche una venatura di pietà (ad misericordiam): «con tutta questa burocrazia è facile sbagliare, chiudiamo un occhio». C'è ovviamente anche lo strawman, tanto caro a Luca, l'uomo di paglia, l'attribuzione di una posizione all'avversario che l'avversario non ha mai formulato. Ad esempio: «la sinistra non ci vuole far partecipare alle elezioni». C'è anche il doloroso (per noi) argomento ad verecundiam, che fa segno all'autorità: «il decreto è ad hoc, però Napolitano ha firmato». C'è anche il perfido tu quoque: «posso assicurarvi che anche Penati aveva alcune firme irregolari». Fallacie combinate, aggregate, confuse tra loro, per «avvelenare i pozzi» del dibattito, offrire «false piste», giocare sulla scarsa conoscenza (ad ignorantiam?) dei meccanismi procedurali da parte delle persone per dare della situazione una lettura parziale e favorevole alla propria causa. Il veleno, dai pozzi, è già arrivato ai rubinetti. Succede da vent'anni. Oggi più che mai.

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