A Genova hanno fatto una cosa giusta e in linea con la Costituzione italiana.

Tecnicamente la decisione della giunta è un "conferimento di mandato agli assessori Miceli, Pastorino e Ranieri per avviare il percorso volto a consentire l’edificazione di una moschea sul territorio cittadino". In buona sostanza è lo schema di convenzione con la Comunità Islamica genovese: Palazzo Tursi mette tutti i paletti, obbligando la Comunità a prendersi un’infinità di impegni (rifiuto e condanna di ogni forma di violenza e di azione terroristica, rifiuto di ogni forma di discriminazione razziale e tra i sessi, adesione alla Carta dei Musulmani d’Europa che ruota attorno al dialogo tra le religioni), fissa alcuni limiti invalicabili. Ad esempio, la delibera "subordina la fattibilità del percorso individuato al rispetto da parte dell’Associazione d’Integrazione Culturale, che ha avviato un processo di trasformazione in Fondazione Islamica Genova, all’adozione delle modifiche statutarie suggerite dall’Amministrazione Comunale". Tradotto in italiano, significa che proprietari della moschea saranno dei genovesi di religione islamica e non qualche oscura finanziaria con sede negli Emirati Arabi o in Iran: può sembrare un dettaglio ma evidentemente – e tanto più di questi tempi – non lo è.

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