Avevo parlato qui del suo fantastico libro. Ora Mohsin Hamid ci spiega, intervistato da Francesca Caferri per Repubblica, alcune cose di grande interesse. Vi consiglio di leggerlo con attenzione.
«Attenti al razzismo anti-islamico è così che si alimenta il radicalismo»
Un ragazzo straniero, che accede alla migliore educazione in Occidente. E che poi a quello stesso
Occidente si ribella. Ricalca il profilo del protagonista del romanzo Il fondamentalista riluttante
di Mohsin Hamid la vicenda di Umar Farouk Abdul Mutallab, il terrorista del volo NW 253Amsterdam-Detroit.

Come ha reagito quando ha letto il ritratto dell’attentatore, signor Hamid?

«Non sono stato più sorpreso di tanto. I terroristi sciolti continueranno ad esistere e dobbiamo accettarlo. Non c’è molto da fare per fermarli: le persone su quel volo si sono salvate per pura fortuna. Allo stesso tempo ho capito che non esiste un profilo di terrorista: questo ragazzo non era povero, non era pachistano o afgano. È un giovane nigeriano molto ben educato: nulla di prevedibile finora. Che ci dice che chiunque potrebbe fare una cosa simile».

Come il suo protagonista questo ragazzo si radicalizza a contatto con l’Occidente…

«Quando un musulmano va in Occidente, e in particolare in Europa, gli viene detto che è musulmano: non europeo. E questo rinforza la sua idea di identità musulmana. Vi faccio l’esempio del Pakistan, dove sono ora: qui il 97% della popolazione è di religione islamica e la definizione di musulmano non ha senso. A parte la professione di fede e il Corano, sono pochi i punti su cui ci si mette d’accordo. Ma in Europa, qualunque sia la tua opinione sull’Islam, tu sei un musulmano. Così vieni etichettato. Questo perché l’Europa sta cercando di darsi un’identità e in mancanza di meglio si riconosce come non-musulmana: del resto, cosa hanno in comune un siciliano e un finlandese? La conseguenza però è che molti musulmani che prima non si erano mai pensati come tali, ora lo fanno: è in Europa che si crea l’identità degli esclusi».

Dunque esiste una responsabilità dell’Occidente…

«Non voglio parlare di responsabilità: ma è vero che buona parte dei terroristi che hanno agito o sono stati scoperti negli ultimi anni hanno un qualche legame con l’Europa. C’è il pericolo reale di una radicalizzazione dei musulmani che vivono in Europa: questo in parte si riconduce alla fobia e al razzismo nei confronti dei musulmani».

Cosa possiamo fare?

«La prima cosa è non essere spaventati. Al mondo ci sono miliardi di musulmani: uno su un milione sarà forse un terrorista. Non possiamo farci spaventare dalla religione: la migliore difesa contro il terrorismo sono i musulmani stessi, come il padre di questo ragazzo che per primo ha messo in guardia sul figlio».

Lei ora vive in Pakistan, uno dei paesi in cui la rabbia contro l’Occidente è maggiore: cosa vede intorno a lei?

«Quello che lei dice è vero. C’è molta rabbia. Ma poi nella vita di tutti i giorni la gente non ci pensa: io vengo accolto nelle case senza problemi e lo stesso vale per ogni visitatore: nella vita di tutti i giorni i pachistani sono persone normali, a cui importa del lavoro, della famiglia, dei bambini. Come i buddisti, i cristiani o chiunque altro. E lo stesso vale per tutti i musulmani. I terroristi vogliono uccidere questo senso di somiglianza: lo dobbiamo impedire».

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