Errare è umano, dare la colpa a un altro ancora di più.

Premesso che sono molto soddisfatto del risultato, che mi pare molto buono, che mi aspettavo i 2,5 milioni e passa, che avevo fatto bene a sostenere («ancora?!» mi chiedeva qualcuno) le primarie, che sapevo che sopra i 2 milioni il dato della mozione terza si sarebbe ridimensionato (per tanti motivi, tra i primi quello della popolarità degli altri due candidati), vorrei parlarvi dei miei errori soprattutto, perché penso che in politica si debba fare così.

In quanto principale promotore della terza mozione, in aggiunta alle altre due, formatesi in tempi precedenti all’apertura della stagione congressuale, devo dire che avrei voluto muovermi in uno schema che avevo chiamato «Chiamparino, Marino, Piombino», aggiungendo – con un simbolo e con la sua forza politica – la battaglia del cosiddetto territorio a quelle che abbiamo poi sviluppato. Lontani da Roma (nel senso del politicismo) e vicino alle persone. Chiamparino si è sfilato e il ‘vuoto’ in quel campo non abbiamo saputo recuperarlo.

Avrei dovuto esplicitare e dare più visibilità alle nostre proposte sui circoli, che non abbiamo valorizzato abbastanza. E mi dispiace molto, perché il tema di come organizzare il partito è rimasto un problema inevaso.

Avrei dovuto dare maggiore rappresentanza alla pluralità di argomenti che erano contenuti nella nostra mozione, mentre ne è passata la versione caricaturale: la "mozione del testamento biologico" (le responsabilità in questo caso non sono solo nostre, ma pur avendo parlato in ogni intervento di questioni come la legalità, la società dell’integrazione e la sicurezza, il mercato del lavoro, la dignità della politica, mi sono reso conto che tutto questo è ‘passato’ troppo poco).

Avrei voluto indirizzare di più la nostra campagna, dal punto di vista politico, ma anche geografico (per dir così): ho girato in lungo e in largo, spesso senza una regia precisa. E si paga, in termini di sonno e di voti finali.

Avrei dovuto insistere perché la mozione desse visibilità a un gruppo dirigente esteso e rinnovato, ma ero parte in causa (lanciato nel ticket con Marino, che poi si è parecchio ridimensionato, non mi pareva gentile insistere e non ho insistito per avere più visibilità). Il nostro candidato, però, è parso al grande pubblico molto solo (sempre meglio che male accompagnato, penserà qualcuno…) e questo non gli ha giovato.

Mi sarei dovuto preoccupare di più che la nostra proposta politica non apparisse elitaria, proprio perché la mia storia politica non lo è (vivo in sezione e nelle aule consiliari da troppo tempo, per essere accusato di essere uno snob), ma in molti casi non ci sono riuscito.

Avrei voluto mobilitare di più il partito intorno ad alcune questioni (dall’ambiente alla società multietnica) che sono state riprese troppo poco in questo dibattito congressuale (per me sono invece decisive).

Avrei voluto dare messaggi più chiari in campo economico, e lavorare con più precisione perché il nostro messaggio fosse più popolare (su questo, bisogna ammetterlo, siamo stati surclassati sia da Bersani, sia da Franceschini).

Aggiungete voi critiche e considerazioni, per la serie (già frequentata): «spiegatemi ciò che dico e lo riformulerò meglio».

P.S.: la mia principale soddisfazione? Non avere fatto polemica con nessuno, non avere litigato, come ci chiedevano (e chiedono sempre più) gli elettori. Non è solo un fatto di fair play, è un fatto politico dirimente. Per me. Anche se, senza litigare, si finisce poco sui giornali e non si diventa personaggi. Meglio così.

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