Di un libro molto bello, Michele Ainis, La cura, Chiarelettere (su cui ritornerò):

«La generazione che nel dopoguerra restituì la libertà al paese ha avuto per l’appunto questo merito, pagandolo talvolta con la vita. Poi, durante gli anni del potere doroteo, finì per rimangiarsi la promessa costituzionale dei diritti. La generazione che ha animato il Sessantotto riscattò a sua volta quel patrimonio di speranze, e a sua volta lo ha sciupato. Ora sta a te, che hai trent’anni o giù di lì. Se vuoi ribellarti all’ingiustizia, spegni la tv, smettila di far da spettatore. E se almeno un punto di questo decalogo [le proposte di Ainis] ti sembra convincente, datti da fare, non restartene con le mani in mano. Trasformalo in una proposta di legge popolare, in referendum, in petizione collettiva. Magari aggiungici del tuo […]. E poi guardati attorno, ci sarà pure qualcun altro che rifiuta l’ingiustizia. Ah sì, la società civile. Se ci sei ancora batti un colpo».

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