Il libro di Murakami Haruki, L’arte di correre (Einaudi, come sempre) è il diario della sua attività di corridore. Anzi, di maratoneta. Non è un capolavoro, ma contiene alcuni ‘passi’ indimenticabili, come questo:

Come vengono giudicati il tempo che ottengo in gara e il mio posto in graduatoria, come venga considerato il mio stile, è di secondaria importanza. Ciò che conta per me, per il corridore che sono, è tagliare un traguardo dopo l’altro, con le mie gambe. Usare tutte le forze che sono necessarie, sopportare tutto ciò che devo, e alla fine essere contento di me. Imparare qualcosa di concreto – piccolo finché si vuole, ma concreto – dagli sbagli che faccio e dalla gioia che provo. E gara dopo gara, anno dopo anno, arrivare in un luogo che mi soddisfi. O almeno andarci vicino – sì, probabilmente questo modo di esprimermi è più giusto.

Senza mai camminare, sempre correndo, perché questo è il compito che il maratoneta impone a se stesso.

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