Francesco rovescia – giustamente – il criterio della cosiddetta reciprocità, su cui spesso anch’io mi sono interrogato (la prima volta fu usato da Locke contro i papisti, per dire). Come nota Francesco, però, c’è una sfumatura da tenere in considerazione: perché se è vero che noi non dobbiamo pretendere di spiegare agli altri come si devono vestire (se il loro abbigliamento non è offensivo o, peggio, nocivo nei nostri confronti), dobbiamo chiederci perché alle donne, in certe culture, ciò accada e se ciò, come in molte occasioni è successo e ancora succede, non sia, a sua volta, una limitazione della libertà delle persone e del loro modo di vestire e, soprattutto, di vivere. Una sorta di domanda di riserva, che non possiamo eludere. Che non c’entra con il burkini dal punto di vista della convivenza in piscina, per capirci, ma che può avere qualche effetto dal punto di vista della convivenza in società, se così la possiamo chiamare.

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