Riccardo è nervoso. Fa il saldatore, lavora in un’azienda della provincia di Bergamo che ha dovuto tagliare molti dipendenti, ha due figli all’università. E’ preoccupato per le vicende della politica italiana, per il futuro del Pd e per il ruolo del sindacato. Mi racconta di una riunione a cui ha partecipato una minoranza di lavoratori, trovandosi di fronte un sindacato diviso e incerto. Interviene all’incontro di Bergamo, per rilanciare un tema politico: quello di restituire dignità alla politica. Dice Riccardo che dobbiamo occuparci delle grandi questioni, saperle rappresentare, avere qualcosa di preciso da dire sul lavoro, sulla società che cambia, su quello che vogliamo per noi e per il Paese. Il «sono tutti uguali» è un argomento pressoché invincibile dalle nostre parti, se non ritroviamo il filo di una politica che ha qualcosa da dire sui temi che riguardano la vita delle persone, che interviene precisa e autorevole, che «risponde con soluzioni», come diceva un vecchio slogan di Zapatero. Anche per questo, abbiamo voluto lanciare alcune ‘sfide’ al Pd: perché la famosa ‘identità’ da ritrovare (preferisco sempre parlare di profilo) la ritroviamo, appunto, attraverso le cose che diciamo alla società italiana e alla loro comprensibilità presso gli elettori. Lavoro, energia, integrazione, diritti: alcuni temi di cui la gente parla e che la politica italiana, anche a sinistra, ha troppo speso male interpretato, quando non travisato. Sono le grandi questioni, che dobbiamo interpretare noi per primi, se vogliamo cambiare. Perché noi vogliamo cambiare, no?

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