Oggi su l’Unità, il vostro affezionatissimo.

Lo avevamo detto e scritto in molti: per cambiarlo, prima bisogna votarlo. E fortunatamente gli esiti dicono di un Pd che si salva, in zona Cesarini (Franceschini?), dal tracollo annunciato all’inizio dell’anno. I dati delle Amministrative, però, sono tutt’altro che confortanti (per usare un eufemismo) e forse è il caso di evitare alcuni trionfalismi veramente incomprensibili. Il Pd è ancora tutto da fare, questo è il dato che ci viene consegnato dalle elezioni di questo fine settimana. È interamente da ripensare in alcune zone del Paese, a cominciare dal profondo Nord, e sono da valutare con attenzione alcuni errori d’impostazione che escono confermati dai seggi, così come alcuni elementi carichi di novità e, soprattutto, di senso presente. C’è una grande esigenza di nuovo e ora c’è anche qualcosa di nuovo, com’è testimoniato dalle affermazioni di Debora Serracchiani e di Francesca Balzani, per fare due nomi soltanto, a cui mi piace aggiungerne un terzo, quello di un’altra democratica, Laura Puppato, che a Treviso e in Veneto ha dimostrato che si può partire dal famoso ‘territorio’ rappresentandolo anche a sinistra e dando forza e voti e consenso al Partito Democratico anche dalle nostre (difficilissime) parti (in partibus infidelium, potremmo dire). Prima di parlare di alleanze (con i neoeletti Udc, Magdi Allam e Ciriaco De Mita?) forse sarebbe il caso di fermarsi a riflettere, una buona volta, sul Pd, sulla sua proposta politica, sulla sua organizzazione, sulle modalità con cui il dato locale non solo non premia più dal punto di vista politico, ma viene fortemente condizionato dal dato nazionale. Il punto più sconfortante, però, è un altro: da questo Paese sembra essere scomparsa la politica. L’Italia ha dimostrato, anche in questa campagna elettorale, di non avere parole per descrivere la crisi, per interpretarla, per offrire quelle soluzioni che ci consentirebbero di farvi fronte e di uscirne. La politica non c’è più e, invece, sarebbe necessaria a ciascuno di noi, se solo fosse capace di parlarci, di dirci qualcosa, di permetterci di essere più forti e sereni. Per farlo, ci vuole una forza grande e autorevole, nel nostro campo, perché sia possibile lanciare la sfida a Berlusconi e ai suoi. Questa forza c’è o ci può essere, ancora e nonostante sia stato fatto di tutto, all’interno soprattutto, per metterla in difficoltà. Si parla tanto, nelle interviste sui giornali dei nostri leader, di modelli e di schemi: forse l’insegnamento di questi ultimi mesi è che questi schemi vanno superati e rovesciati, alla ricerca di una proposta politica che ci qualifichi in modo più preciso, concreto e riconoscibile, rispondendo alle domande della contemporaneità, senza riferirsi a modelli prestabiliti e, in molti casi, del tutto inefficaci. Sono le cose da fare, per il Pd, a partire da subito. Passando dal si può fare, potremmo dire, al fare qualcosa. Finalmente.

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