Mentre rifletto ancora sul libro di Enrico Letta, Costruire una cattedrale (Mondadori), e sulla sua curiosa teoria della tripartizione della società italiana tra progressisti, moderati e populisti (ripromettendomi di commentarla appena l’avrò capita davvero), e dopo aver letto Flop Pd di Giuseppe Salvaggiulo (Aliberti Castelvecchi), non ho potuto esimermi dall’acquistare Lost in Pd di Marco Damilano. Si tratta della rassegna forse più precisa dei due anni vissuti pericolosamente dal Partito Democratico, a partire dalla sua fondazione. Un’analisi impietosa condotta con un ‘taglio’ molto netto e basata su una documentazione pressoché infinita. Damilano parla – con qualche malizia – anche del vostro affezionatissimo (il quale, in ogni caso, ringrazia), segnalandolo tra i leaderini «germogliati fuori o quasi dai circuiti di partito, simili per età, esperienze, letture, ascolti, consumi, comportamenti privati, eppure diversi in tutto, individualisti». Secondo Damilano, siamo «moderni, europei, elitari. Autoironici, disincantati ai limiti del cinismo, affezionatissimi a se stessi». Eccetera. Mi vengono in mente tante cose, ma lascio perdere. Anche perché oggi ho Consiglio regionale, qualche riunione per la campagna elettorale delle Provinciali e una serata a Cantù – dove la Lega vola – a parlare di sicurezza (forse sarebbe meglio parlare di incolumità). Tutto molto «autoironico» e «disincantato ai limiti del cinismo», non è vero?

  •  
  •  
  •  
  •  

Commenti

commenti