Il vostro affezionatissimo, oggi, è su l’Unità, a proposito di kebab, leggi discriminatorie e responsabilità del Pd. Correte in edicola…
Quel pasticciaccio brutto della legge anti-kebab della Lombardia è molto istruttivo. Ci parla dello stato in cui versa il dibattito politico nella regione più ‘avanzata’ del Paese e della bassissima cucina politica ed elettorale che riguarda l’immigrazione in Italia. Ora, a qualche giorno dalla sua approvazione, Lega e Pdl (il secondo sempre a ruota della prima, e non solo su questi temi) negano che ci siano un particolare accanimento e una reale volontà di penalizzazione nei confronti dei kebab e di chi li produce. Non possiamo però dimenticare che la Lega presentò, qualche mese fa, un progetto di legge per tenere lontani i kebab dai centri storici, in quanto elementi di degrado tout court. E non possiamo nemmeno esimerci dal ricordare che un’iniziativa dello stesso segno ha portato alla chiusura la metà dei phone center della regione, proprio quei centri di telefonia fissa (così si chiamano nel linguaggio della burocrazia) in cui gli stranieri vanno a telefonare a casa, per tenersi in collegamento e in relazione con le proprie famiglie. Quella contro gli artigiani è, insomma, l’ennesima legge-propaganda contro gli immigrati voluta dalla maggioranza che governa la regione e il Paese. Si tratta ormai di un vero e proprio “genere letterario”: perché oltre ai phone center, negli anni scorsi, ne hanno approvate altre, di leggi discriminatorie, peraltro tutte bocciate dal Tar ovvero dichiarate illegittime dalla Corte costituzionale: dalle “case solo ai lombardi” alle norme restrittive sui luoghi di culto, fino ai non meno odiosi limiti introdotti nella concessione degli abbonamenti ai mezzi pubblici. Per non parlare, a livello comunale, del proliferare di ordinanze anti-stranieri: tutte iniziative inutili e costose che fanno perdere di vista i veri problemi dell’integrazione e della sicurezza. Mentre il mondo cambia (e c’è la crisi), Regione Lombardia legifera contro gelati e kebab, creando tensioni anche laddove non ci sono, offrendo l’immagine di una società perennemente in conflitto e senza offrire soluzioni concrete a problemi reali e più urgenti. È venuto il momento che il Pd, alla ricerca di un profilo e di un’identità, come ha ricordato Luigi Manconi nel suo ultimo libro, offra una propria lettura dell’immigrazione e della costruzione di una società dei molti e non dei pochi, in cui il diverso e l’altro siano vissuti come un’opportunità e come un momento di crescita collettiva. Che ci investa politicamente, con costanza e con serietà. Oltre a dire con forza ‘basta’ alle modalità con cui Lega e Pdl piegano le istituzioni alle loro convenienze elettorali, dobbiamo dire e fare qualcosa. E qualcuno se ne deve finalmente incaricare. A viso aperto e senza paura. Se saremo determinati e convinti, il tempo ci darà ragione.

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