Vive il leghista (e la destra in Lombardia). Legge sui kebab, poi presentata come legge su chi fa attività di somministrazione di alimenti e bevande. In generale: perché non si può parlare solo di kebab, bisogna estendere a tutta la categoria. E ne viene fuori un pasticcio che non finisce più, come sottolineato in questo momento dall’ex-assessore leghista Cé. Una norma che «va a toccare i diritti personali, del codice civile, sia del produttore, sia del cliente», perché riguarda i comportamenti di chi poi alimenti e bevande se li gusta. «Un conto è la forzatura politica», dice Cé, un conto è fare una legge impugnabile fin da domattina. «Evitiamo l’ennesima brutta figura». E, invece, non la eviteremo. Cè parla di principi liberali, dei diritti dei produttori e del cittadino. A prescindere dal fatto che mangi il kebab o la piadina (romagnola e quindi comunque comunista). Legge sbagliata e discriminatoria. En plein. Zamponi (IdV) parla di legge inutile e di «marchetta o, meglio, di una sorta di servizio senza corrispettivo effettuato a favore di un partito politico che continua a prendere legnate sulle gengive sui fatti di sostanza e sbandiera come grande successo la chiusura dei centri per le telefonate [la nostra battaglia per i phone center] e iniziative come questa». Il Pdl, in ogni caso, è d’accordo. Saffioti (Forza Italia) è il relatore del provvedimento, per intenderci.

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