Sono juventino, ho quasi la stessa età di Del Piero, lo seguo sempre con devozione, ma sono entusiasta dei giovanissimi De Ceglie, sulla sinistra, Giovinco, ad inventare, e Marchisio, a controllare il centrocampo. Se la Juventus andrà da qualche parte, sarà anche merito loro. E penso, ogni tanto, a cosa vuol dire far crescere i più giovani, cercando di capire che giovani non lo si è più. Almeno nel senso di Conrad e delle prime righe di Linea d’ombra, in cui la distinzione è determinata proprio dal «trovarsi di fronte quella linea», e dover «dire addio al paese della prima giovinezza». Ecco, è la situazione in cui mi trovo personalmente e, oserei dire, politicamente. Ed è il momento nel quale credo sia necessario proprio guardare ai più giovani, soprattutto se i più anziani lasciano il tempo che trovano. E ne ho incontrati parecchi, di giovani-davvero, sui quali vale la pena di investire. Dagli Andrea di Varese (il Mollica e il Civati, che si chiama così ma è bravo lo stesso), i ragazzi de Lo spazio della politica, i giovani-davvero del Pd di Lecco e quelli di Verona, alcuni Millini che non guastano mai. E chissà quanti altri ce ne sono. Ecco, credo che il Pd dovrebbe coinvolgere soprattutto loro, in questa fase difficile. Guardare le cose con i loro occhi, farli partecipare al lavoro programmatico, dare visibilità al loro talento. Credo che da oggi al 17 aprile, quando si aprirà la nostra conferenza programmatica, il Partito dovrà essere talent scout, alla ricerca di talenti, di idee e di punti di vista. Alcuni giocheranno sulla sinistra, il ruolo a molti più congeniale, altri libereranno la propria fantasia, tutti, in ogni caso, sapranno «vivere d’anticipo sul tempo a venire», per riprendere, ancora, un’espressione conradiana. Un grande centro studi all’aria aperta, come ho già avuto modo di dire. E noi ci faremo raccontare l’Italia da loro, da un ragazzo e da una ragazza di vent’anni. E forse, alla fine, ci accorgeremo che molti dei nostri problemi li avremo già risolti.

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